Prima della pandemia di coronavirus, il telelavoro non era un concetto sconosciuto. Tuttavia, si trattava di un’eccezione alla regola tacita secondo cui il lavoro doveva essere svolto esclusivamente in un ambiente messo a disposizione e regolamentato dal datore di lavoro durante una serie di ore prestabilite, dopo le quali il dipendente era per lo più in grado di «staccare la spina» e dedicarsi al resto della propria vita e ai propri impegni.
La diffusione del lavoro a distanza nel 2020 ha aiutato le aziende a rimanere a galla e i lavoratori a conservare il proprio posto di lavoro durante il periodo tumultuoso causato dalla pandemia. Pur essendo un risultato positivo, il telelavoro ha anche portato a confini labili tra orario di lavoro e tempo libero, in cui dispositivi digitali consentono di contattare i dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro contrattuale, invadendo in tal modo la loro vita privata e pregiudicando il loro benessere psico-fisico.
Rilevazione dei danni
Dai dati ottenuti nel corso dell’indagine telefonica sulle condizioni di lavoro in Europa 2021 è emerso che i telelavoratori spesso fanno orari di lavoro aggiuntivi – e non retribuiti – solo perché gli strumenti digitali rendono estremamente difficile stabilire i confini tra vita professionale e vita personale.
Inoltre, secondo un sondaggio condotto da Eurofound sui dipendenti e sui responsabili delle risorse umane, il 45 % dei soggetti ha dichiarato che il proprio datore di lavoro seguiva una politica basata sul «diritto alla disconnessione», ma quasi l’80 % ha dichiarato di aver ricevuto regolarmente comunicazioni relative al lavoro al di fuori dell’orario di lavoro.
Definizione di politiche in materia di telelavoro
Riconoscendo le conseguenze, l’UE si è impegnata a introdurre quadri normativi in materia. Varie direttive dell’UE, in particolare la direttiva sull’orario di lavoro (direttiva 2003/88/CE), contengono disposizioni sul telelavoro, ad esempio la fissazione di limiti all’orario di lavoro nonché la disciplina dei periodi di riposo dei lavoratori.
Inoltre, gli Stati membri dell’UE hanno iniziato ad affrontare le questioni relative al telelavoro a livello statale. Nella relazione dell’EU-OSHA del 2021 sulla disciplina del telelavoro nell’Europa post-COVID-19 è stata operata una distinzione tra due gruppi di paesi, ossia quelli che hanno adottato una legislazione specifica sull’uso del telelavoro e quelli che non l’hanno fatto (o hanno affrontato la questione del telelavoro in leggi/contesti diversi).
Dal 2020 sono state approvate nuove leggi specifiche sul diritto alla disconnessione in Belgio, Croazia, Grecia, Irlanda, Portogallo, Slovacchia e Spagna. Questo è stato il risultato diretto della necessità di migliorare la sicurezza e la salute sul lavoro di tutti i lavoratori (a distanza e in loco) che utilizzano strumenti digitali per il lavoro, prevenendo così i rischi legati al fatto di essere connessi in permanenza.
Attuare il diritto alla disconnessione, nel modo giusto
Nel complesso le politiche riguardanti il «diritto alla disconnessione» attuate negli Stati membri e nelle aziende hanno avuto effetti positivi sulla salute e sul benessere dei dipendenti, con un maggior numero di lavoratori che si dichiarano soddisfatti del lavoro, rispetto a quei paesi dove tali politiche sono inesistenti. Tuttavia, per poter assistere a un cambiamento duraturo, la legislazione in materia deve essere accompagnata da una sensibilizzazione dei lavoratori agli effetti negativi della cosiddetta «connessione permanente» e devono essere adottate ulteriori misure a livello aziendale e poi adattate a ciascun ambiente di lavoro specifico.
Leggi di più sulla regolamentazione del telelavoro nell’Europa post COVID-19 in una relazione dell’EU-OSHA aggiornata al 2023.
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Dettagli
- Data di pubblicazione
- 17 maggio 2024
- Autori
- Autorità europea del lavoro | Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione
- Temi
- Notizie sul mercato del lavoro/notizie sulla mobilità
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