Il mercato del lavoro italiano risulta molto diversificato con regioni del Nord fortemente industrializzate ed un Sud d’Italia dedito maggiormente alle attività agricole e turistiche. I settori caratterizzanti in ordine di grandezza del PIL (2022) sono: servizi (PIL 291807 milioni di euro), manifatturiero (PIL 75677 milioni di euro), costruzioni (PIL 21586 milioni di euro), agricolo (PIL 7609 milioni di euro). La tipologia contrattuale maggiormente proposta è quella a tempo determinato e a tempo pieno, il titolo di studio maggiormente richiesto è il diploma di scuola secondaria di secondo grado.
Gli ultimi anni hanno registrato un continuo decremento della popolazione italiana fino a toccare il minimo storico nel gennaio 2023, con un totale di 58.850.717 di persone. La popolazione con cittadinanza straniera si attesta intorno a 5 030 716 persone (8% della popolazione) con una maggiore concentrazione nelle regioni del Nord Ovest. La crisi demografica è più evidente nel Mezzogiorno in particolare in Molise, Basilicata e Calabria.
Nonostante un lieve rallentamento nell’ultimo trimestre del 2022, il PIL italiano nel 2022 si è attestato al +2.8% e si prevede che nel 2023 crescerà ancora dell’1.9%, già nel primo trimestre 2023 il PIL italiano ha registrato un aumento superiore alla media europea (+0,5%). L’andamento positivo del PIL è stato sostenuto dai consumi, dalla ripresa degli investimenti – soprattutto nelle costruzioni - e dal recupero dei flussi turistici. Nel quarto trimestre del 2022 il tasso di inattività (15-64 anni) è rimasto pressocché invariato (34,2%), si assiste invece a una lieve flessione del tasso di disoccupazione (7.8% a marzo 2023 vs 8.2% ad aprile 2022) e alla disoccupazione giovanile ( 22.3% vs 24.4% a aprile 2022). Purtroppo, la percentuale dei NEET (15-29 anni) risulta essere ancora tra le più alte in Europa (23.10% nel 2022). Il tasso di partecipazione della forza lavoro da aprile 2022 segna un aumento di quasi un punto percentuale attestandosi a marzo 2023 al 66.2%.
Nel 2022 le problematiche politico-economiche legate al conflitto in Ucraina non hanno impattato negativamente sui fabbisogni occupazionali, in particolare nel settore dell’impresa e dei servizi. Tra i settori di attività economica in crescita tendenziale si segnalano la fabbricazione di mezzi di trasporto (+12,4%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+6,5%) e la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+3,3%). Le flessioni più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-13,4%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-12,5%) e nell’attività estrattiva (-11,0%).
Le ultime previsioni del Sistema informativo Excelsior Unioncamere/ANPAL per il periodo 2023-2027, registrano un fabbisogno occupazionale complessivo di circa 3 milioni e 800mila unità, pari a quasi 760mila unità all’anno. Tre quarti della domanda sarà assorbita dal settore servizi (il 3,3% , pari a 2 milioni e 880.000 unità), seguiti dall’industria (2,6% per 800.000 occupati) e dall’agricoltura (2,4% circa 110.000 unità). Le stime di fabbisogno in ordine di grandezza per le singole filiere saranno: commercio e turismo oltre 750mila unità; altri servizi pubblici e privati - che comprendono i servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone e la PA in senso stretto - circa 567mila posizioni; salute 477mila unità; formazione e cultura 436 mila lavoratori; finanza e consulenza quasi 430mila unità; costruzioni e infrastrutture 270mila unità; agroalimentare 168mila unità e infine meccatronica e robotica circa 153mila unità. In particolare, gli investimenti del PNRR produrranno circa il 70% di nuovi occupati in 4 filiere principali: “costruzioni e infrastrutture” (il 21%), “turismo e commercio” (18%), “servizi avanzati” (16%) e “forma zione e cultura” (13%).
La ripartizione territoriale dei fabbisogni vede l’area del Nord-Ovest quella cui compete la maggiore quota di fabbisogni (quasi 1,1 milioni di unità, pari al 28,5% del totale). La ripartizione del Sud e Isole è soltanto di poco inferiore a quello del Nord-Ovest: oltre 1 milione di unità (27,3%). Per quanto riguarda le altre due ripartizioni il contributo ai fabbisogni totali è decisamente inferiore: circa 873mila unità per il Nord-Est (pari al 23% del totale) e circa 806mila unità per il Centro (pari al 21,2% del totale). A livello regionale, la quota maggiore del fabbisogno occupazionale riguarderà la Lombardia con oltre 714mila unità (pari al 19% del totale nazionale), seguita da Lazio (379mila unità), Veneto (346mila unità) ed Emilia Romagna (quasi 336mila unità).
Questi dati vanno analizzati tenendo conto anche degli interventi programmati nel PNRR per ridurre i divari regionali e valorizzare il Mezzogiorno, cui saranno destinati il 40% dei fondi.
In particolare, in Sicilia sono previste importanti opere nei trasporti, per quanto riguarda la Lombardia invece i capitoli più importanti degli interventi nell’ambito del PNRR riguardano la mobilità (per Milano soprattutto) e la sanità (pesa per il 61% sui fondi PNRR della Regione). Per il Piemonte si segnala uno dei principali progetti "bandiera" per il PNRR, diventare l'Hydrogen Valley italiana, contando sulla sua posizione strategica dal punto di vista logistico.
Tra il 2023 e il 2027 le professioni con un tasso di fabbisogno più elevato sono quelle tipiche delle filiere settoriali che saranno maggiormente coinvolte negli investimenti legati al PNRR. Si tratta degli ingegneri e tecnici in campo ingegneristico che saranno richiesti sia dai servizi di consulenza alle imprese sia dalla filiera della meccatronica e robotica; i tecnici della salute (che comprendono infermieri, fisioterapisti, radiologi, tecnici di laboratorio), i medici e le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali che saranno essenziali per rendere operative le strutture che saranno realizzate grazie ai fondi del PNRR. Invece i tecnici ICT e gli specialisti in scienze matematiche e informatiche saranno assorbiti in modo trasversale dai diversi settori coinvolti nella transizione digitale.
In aumento sia la previsione per i contratti a tempo indeterminato (+11,9 %) sia quella per i contratti a termine e stagionali (+ 5,7%), mentre diminuiscono i contratti di collaborazione (-18,7%) o a partita IVA (-13,1%).
TRANSIZIONE ECOLOGICA E DIGITALE
Nei prossimi anni saranno importanti gli investimenti derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In particolare, le azioni per la transizione ecologica e la trasformazione digitale comporteranno un aumento della richiesta di profili nei settori della green economy, informatico e telecomunicazioni (i cosiddetti green jobs). Il PNRR prevede infatti che il 37% della spesa per investimenti e riforme sia destinata a sostenere gli obiettivi climatici, e il 20% a quelli della transizione digitale.
La dotazione per la rivoluzione verde e la transizione ecologica è pari a 59,46 miliardi di euro ed interviene su economia circolare e agricoltura sostenibile (5,27 mld), energia rinnovabile e mobilità sostenibile (23,78 mld), efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (15,36 mld), tutela del territorio (15,05 mld). Tali investimenti comporteranno una crescita occupazionale trasversale a molti settori economici, ma in particolare in settori come la meccatronica (soprattutto settori elettrico ed elettronica), l’agroalimentare, l’arredamento e le costruzioni. Inoltre potranno evolversi nuove filiere settoriali grazie alle risorse dedicate alle tecnologie legate all’idrogeno, ai satelliti, alla microelettronica, allo sviluppo di una filiera europea delle batterie, al rafforzamento di cybersecurity e cloud. Si svilupperà infine una nuova offerta di beni e servizi in molti segmenti, con prodotti in ottica principalmente green e digital, servizi digitali relativi alla telemedicina, smart mobility, auto elettrica, alla mobilità sostenibile.
Alcuni dei green jobs maggiormente richiesti saranno: per il settore delle costruzioni l’architetto sostenibile, il progettista di manufatti edilizi sostenibili, l’installatore di impianti di condizionamento a basso impatto ambientale; per la meccanica l’esperto in tecnologie di impianti e/o componenti per motori elettrici; per l’ambiente l’informatico ambientale per sviluppare software e applicazioni dedicate all’ambiente, l’avvocato ambientale, il mobility manager, l’energy manager, l’ecodesigner. Inoltre il fabbisogno di professionisti con un mix di almeno due e-skill (ovvero competenze digitali di base, capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici, capacità di gestire soluzioni innovative) è stimato fra le 875mila e le 959mila unità, oltre il 20% del totale. Si tratta per esempio di analisti e progettisti di software, ingegneri elettronici e in telecomunicazioni, tecnici programmatori e gestori di reti e di sistemi telematici.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Ministero del Lavoro – Banca Italia | |
Agenzia per le politiche attive del lavoro – ANPAL | |
ISTAT | |
EUROSTAT | |
Unioncamere | http://excelsior.unioncamere.net https://excelsior.unioncamere.net/images/pubblicazioni2022/report_previsivo_2022-26.pdf |
Nel quinquennio 2023-2027 la maggiore difficoltà di reperimento si stima per i medici, infermieri, fisioterapisti, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, ma anche per alcune delle professioni cruciali per i processi di innovazione tecnologica e transizione digitale, quali gli specialisti in scienze matematiche e informatiche, i tecnici ICT, gli ingegneri e i tecnici in campo ingegneristico. Altre figure sono gli operai specializzati nelle costruzioni e gli addetti nelle attività di ristorazione.
In relazione alla transizione ecologia e digitale, nello specifico le professioni richieste nel prossimo quinquennio e per le quali si potrebbero registrare difficoltà nel reperimento sono, per esempio nel comparto edilizio, l'ingegnere energetico, il termotecnico, l'impiantista termoidraulico, l'automation engineer, il designer CAD e il BIM specialist. Nei settori dell’informatica e telecomunicazioni emergono invece figure quali il software developer, il data engineer e il cyber security specialist più legate al digitale, ma anche per il green risultano in crescita professioni come il full stack developer, l'IT project manager e l'ICT engineer a causa della stretta connessione tra le due transizioni.
Nella meccatronica, ottica e robotica emergono le figure del progettista meccanico, dell'automation engineer, del tecnico delle certificazioni energetiche, del supplier quality engineer e del site engineer.
Nella “mobilità e logistica” si evidenziano le figure del tecnico ambientale, process engineer, field support engineer e material planner, mentre nell’agroalimentare lo specialista di packaging, l’analista chimico e il marketing specialist.
Si stima che tra il 2023 e il 2027 il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale con un livello di formazione terziaria (universitaria o professionalizzante) e il 48,1% profili con un livello di formazione secondaria superiore di tipo tecnico-professionale.
Nel dettaglio, si pre vede che nel prossimo quinquennio risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economi co-statistico (8mila unità annue) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline STEM (6mila unità annue). In particolare per le aree STEM, si osservano i mismatch più critici nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e informatiche e in quelli ingegneristici. Considerando nell’insieme gli indirizzi della formazione secondaria di II grado tecnico professionale, si stima che l’attuale offerta formativa complessiva potrebbe riuscire a soddi sfare solo il 60% della domanda potenziale nel prossimo quinquennio, con livelli di mismatch più critici per gli ambiti relativi a trasporti e logistica, costruzioni, sistema moda, meccatroni ca, meccanica ed energia per i quali si prevede che tra il 2023 e il 2027 l’offerta potrebbe co prire meno di un terzo della domanda potenziale.
Nel periodo maggio-luglio 2023 sono previste 1.547.540 assunzioni, a maggio 2023 il 46% delle posizioni offerte a livello nazionale rimangono scoperte. Di queste il maggior numero è previsto nel Nord Ovest (129.260) con una difficoltà di reperimento del 46,1%, seguito da Sud e Isole (125.770) con una difficoltà di reperimento 44,2% il Nord Est (115.640) difficoltà di reperimento del 50,5% e il Centro (96.090) con una difficoltà di reperimento del 43,4%.
Nel trimestre maggio-luglio 2023 ad offrire le maggiori opportunità lavorative sono la meccatronica (66mila), la metallurgia (circa 53mila), l’agroalimentare (circa 45mila) e la moda (29mila). In crescita anche il comparto delle costruzioni che programma circa 132mila entrate (+25,8%).I servizi ricercano a maggio circa 335mila lavoratori e oltre 1,1 milioni entro luglio. Rimane molto elevata la domanda di lavoro delle imprese del turismo che programmano 107mila contratti nel mese e 398mila entro luglio. Molteplici anche le opportunità di lavoro offerte dal commercio con circa 58mila ingressi previsti nel mese e circa 192mila nel trimestre. Seguono poi i servizi alle persone che, nonostante la flessione registrata rispetto a un anno fa (-27,2%), sono alla ricerca di circa 49mila lavoratori a maggio che salgono a oltre 180mila nel trimestre maggio-luglio.
Nel mese è difficile da reperire il 46,1% del personale ricercato dalle aziende (+7,8 p.p. rispetto a un anno fa), soprattutto a causa della mancanza di candidati. Tra le figure di più difficile reperimento quelle tecniche e ad elevata specializzazione: gli ingegneri e i tecnici in campo ingegneristico (rispettivamente 61,0% e 65,2%), i tecnici della salute (63,1%), i tecnici della gestione dei processi produttivi (63,0%) e i tecnici della distribuzione commerciale (58,7%); mentre tra le figure degli operai specializzati si distinguono gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (73,5%), i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (72,2%), i meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchine fisse/mobili (72,1%) e i fabbri ferrai costruttori di utensili (71,5%).
Si mantiene elevata la domanda di lavoratori immigrati con 91mila ingressi programmati nel mese di maggio 2023 (+18mila rispetto allo stesso periodo del 2022), pari al 19,5% del totale. A ricorrere maggiormente alla manodopera straniera sono i servizi operativi di supporto a imprese e persone (il 37,3% degli ingressi programmati sarà coperto da personale immigrato), i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (28,7%), le costruzioni (23,9%), la metallurgia (23,2%) e l’alimentare (20,3%).
L’Italia si caratterizza per una forte disoccupazione nelle aree del Mezzogiorno, i dati ISTAT nell’ultimo trimestre del 2022 registrano un tasso di disoccupazione (15-65 anni) del 14,6% nel Sud Italia, una percentuale molto alta se paragonata a quella delle altre aree del Paese (Centro Italia 7,1 e Nord 4,8%).
Le tre regioni con il tasso più alto di disoccupazione nel 2022 sono la Campania (17,4%), Sicilia (16,9%), la Calabria (15%). I tassi più bassi di disoccupazione si registrano invece nella Provincia Autonoma di Bolzano (2,3%), nel Trentino-Alto Adige (3,1%) e nella Provincia Autonoma di Trento (3,8%).
Il divario tra occupazione maschile e femminile rimane tra i più alti d’Europa. La disoccupazione femminile in Italia è al 9.5% (nel 2022) contro l’7,3% di quella maschile. Il livello di disoccupazione femminile più alto si registra nel Sud Italia con il 14.6%, a seguire il Centro Italia con il 7.1% e Nord 5,1%. Le regioni con il livello più alto di disoccupazione femminile sono la Campania (20,3%) e la Sicilia (19,3%).
Secondo le stime del bollettino Excelsior per il quinquennio 2023- 2027, i profili per i quali dovrebbero registrarsi tassi di fabbisogno inferiori alla media e basse quote di difficoltà nel reperimento dei lavoratori sono, a titolo di esempio, gli addetti allo smistamento e recapito della posta e gli impiegati degli sportelli bancari, per cui si può supporre un rallentamento nei prossimi anni nella richiesta di queste professioni (low demand), confermata anche dal fabbisogno contenuto in termini assoluti.
Prosegue l’evoluzione positiva dei trend occupazionali che ha preso avvio nel secondo trimestre del 2021 e che sì è andata progressivamente rafforzando nel corso del 2022.
Il livello medio degli occupati nel 2022 è stato pari a circa 55.200 unità ed è cresciuto rispetto all’anno precedente del +4,6%, riportandosi così sui livelli precedenti la pandemia e recuperando pienamente le cadute seguite all’emergenza sanitaria. Parallelamente, l’area della disoccupazione si riduce sensibilmente, sia rispetto al 2021, sia con riferimento al 2019, attestandosi attorno a circa 3.100 unità, mentre la partecipazione al mercato del lavoro registra un’evoluzione positiva rispetto all’anno precedente (+2,5%), risultando però ancora leggermente inferiore a quella registrata nel 2019 (-1,3%).
Queste dinamiche possono essere chiarite meglio guardando all’andamento delle singole grandezze su base trimestrale. Su queste basi si può, infatti, notare che l’occupazione tendenziale, ovvero al netto degli effetti stagionali, ha ripreso a crescere dopo la progressiva caduta tra il primo trimestre 2020 e il primo trimestre 2021, certamente in stretta connessione con le diverse fasi della pandemia, anche se poi nel corso degli due ultimi trimestri del 2022 tende a stabilizzarsi. Nel caso della disoccupazione, specularmente a quanto rilevato per l’occupazione, si osserva che il picco si colloca tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, a cui segue una fase di progressiva riduzione che si protrae a tutto il 2022.
Sebbene i livelli occupazionali rispetto al 2021 registrino una crescita sia per le donne (+4,4%), sia per gli uomini (+4,8%), per questi ultimi non viene ancora recuperato il livello precedente la pandemia, al contrario della componente femminile che registra invece un saldo del +1,1% rispetto al 2019. D’altro canto, la crescita dell’occupazione tra il 2019 ed il 2022 è spiegata completamente dalle donne. La variazione della disoccupazione risulta invece positiva per entrambi i generi, ma decisamente più marcata nel caso degli uomini.
Nel 2022 il tasso di attività (15-64 anni) è pari al 73,8%, il tasso di occupazione (15-64 anni) si attesta sul livello massimo dal 2018 (69,8%), mentre il tasso di disoccupazione si riporta sul valore minimo del periodo (5,4%).
Nel 2022 la posizione della Valle d’Aosta si conferma significativamente migliore della media italiana, con un tasso di occupazione superiore di circa 9 punti percentuali (69,8% contro 60,1%) e un tasso di disoccupazione inferiore (5,4% contro 8,1%) e, nello specifico, soprattutto i dati riferiti alla componente femminile appaiono discostarsi positivamente dal quadro nazionale: il tasso di occupazione femminile è in Valle d’Aosta pari al 66% contro il 51,1% nazionale, mentre il tasso di disoccupazione regionale è pari al 6,4% e quello italiano è del 9,4% .
Rispetto ai settori economici, si osserva una crescita generalizzata tra il 2021 ed il 2022, con la sola eccezione delle costruzioni che invece vedono ridurre i livelli occupazionali, mentre rispetto al periodo precedente la crisi pandemica si può notare che il settore dei servizi e quello delle costruzioni hanno recuperato pienamente i livelli occupazionali, al contrario dell’gricoltura e dell’industria in senso stretto che evidenziano ancora un gap rispetto al 2019.
Il superamento della crisi pandemica è testimoniato anche dalla domanda di lavoro di lavoro di flusso che nel 2022 registra un incremento dell’8,5% rispetto all’anno precedente. La velocità di crescita degli ingressi è stata maggiore per gli uomini (+9,8%) rispetto alle donne (+7,3%). Rispetto ai valori pre pandemia, i fabbisogni occupazionali si collocano tuttavia ancora al di sotto del livello raggiunto nel 2019 (-3,7%).
Dal punto di vista settoriale, nel confronto con l’anno precedente, si osserva un’espansione delle assunzioni per il complesso dei servizi (+10,3%), con aumenti più significativi per il commercio (+16,7%), i servizi di alloggio e ristorazione (+12,4%), i servizi di informazione e comunicazione (+16%), le attività immobiliari (+36,8%). Anche il settore agricoltura registra un aumento, seppure molto modesto (+1,6%), mentre nel complesso il settore secondario evidenzia un saldo leggermente negativo (-1,9%), determinato tuttavia da una performance positiva delle costruzioni (+1,5%) ed una negativa dell’industria in senso stretto (-6,9%).
Tra gli ingressi nell’occupazione si conferma una netta prevalenza dei lavori a termine (89% dei rapporti di lavoro). Oltre il 37% della domanda di lavoro di flusso è spiegata dal settore alloggio e ristorazione.
Il complesso delle assunzioni registrate in Valle d’Aosta interessa oltre 360 profili professionali diversi, tuttavia le prime 20 professioni più rilevanti spiegano oltre due terzi del totale della domanda di lavoro di flusso, evidenziando quindi una significativa concentrazione dei fabbisogni professionali delle imprese su di un numero relativamente contenuto di mansioni.
Le professioni maggiormente richieste, a ulteriore testimonianza del processo di terziarizzazione, si confermano i camerieri ed assimilati, i cuochi ed i commessi di vendita al minuto. Tra le professioni per le quali si riscontrano livelli di assunzioni più elevati, troviamo inoltre gli insegnanti di diversi ordini e gradi, gli addetti all’assistenza personale, i baristi e assimilati, gli addetti agli affari generali, diverse professioni scarsamente qualificate (servizi di pulizia, non qualificati nei servizi di ristorazione, non qualificati in agricoltura,), addetti all’accoglienza, alcune professioni dell’industria (operai ed addetti a macchine utensili automatiche), i collaboratori domestici e assimilati.
Le peculiarità della fase congiunturale che stiamo vivendo e la rapidità dei cambiamenti rendono complesso delineare gli scenari regionali. Sotto il profilo delle dinamiche occupazionali, il superamento della cirsi pandemica sembrerebbe portare ad un consolidamento del mercato del lavoro e si può presumere, in coerenza con lo sviluppo economico e date le caratteristiche demografiche, che nel breve periodo si osservi un’ulteriore crescita dell’occupazione nelle attività terziarie, oltre che un ulteriore sviluppo del processo di femminilizzazione.
Nel 2022 l’area della disoccupazione si compone nuovamente prevalentemente di done. Nel 2022 oltre il 70% delle persone in cerca di occupazione ha perso un precedente posto di lavoro, mentre meno del 20% proviene dall’inattività e la quota restante è rappresentata da inoccupati (ovvero persone alla ricerca del primo impiego).
Le forze di lavoro potenziali costituiscono un segmento del mercato del lavoro che va opportunamente analizzato, in quanto si tratta di persone potenzialmente in cerca di lavoro, pur non rientrando nella definizione di disoccupato prevista dalle statistiche ufficiali. Nel 2022 le forze di lavoro potenziali ammontavano a circa 2.600 unità, un livello questo ultimo in sensibile contrazione rispetto all’anno precedente, inferiore anche ai valori pre pandemia. L’incidenza dei giovani Neet (15-29 anni) si attesta nel 2021 al 18%, in crescita sia rispetto al 2020 che al 2018.
I dati ISTAT rilevano che in Piemonte, nel 2022, risiedono 4240736 persone, in calo rispetto al 2021 (variazione pari a -0,4%). Nel 2021 si registrano 4256350 persone residenti. I maschi residenti in Piemonte sono nel 2022, 2068142 (-0,3% rispetto al 2021); le femmine nel 2022 sono 2172594 (-0,5% rispetto al 2021). I maschi residenti in Piemonte sono nel 2021, 2073845; le femmine nel 2021 sono 2182505 (Fonte: ISTAT - BILANCIO DEMOGRAFICO)
In Piemonte, con riferimento alla dinamica occupazionale dipendente, esclusi i contratti intermittente e domestico, si evidenziano le rilevazioni seguenti (fonte: ELABORAZIONE ORML REGIONE PIEMONTE SU DATI SILP).
In base ai dati riferiti al 2022, comparati con quelli relativi al 2019, le assunzioni delle donne presentano una variazione percentuale pari a +7,3% e le assunzioni degli uomini rilevano un aumento percentuale pari al 12,1% mentre, per quanto riguarda le cessazioni, i dati registrano una variazione 2022/2019 pari a +6,3% per le donne e +12,8% per gli uomini. I saldi assunzioni-cessazioni 2022 sono positivi sia per le donne (+13180) sia per gli uomini (+7812) ma, per quanto riguarda questi ultimi, tale saldo è inferiore rispetto al saldo assunzioni-cessazioni relativo al 2019.
Con riferimento all’analisi per settore, nel confrontare i dati relativi al 2022 con i dati del 2019, si registra un incremento percentuale delle assunzioni in numerosi settori, tra i quali si evidenziano: Costruzioni +20,9%, Manifatturiero +16,1%, Commercio +10,5%, Istruzione +39,6%, Sanità e assistenza sociale +2,4%. I settori Costruzioni, Manifatturiero e Commercio presentano un saldo assunzioni-cessazioni 2022 positivo mentre il settore Istruzione e il settore Sanità e assistenza sociale presentano un saldo negativo.
Focalizzando, infine, l’analisi sul territorio, tutte le province piemontesi, tranne Asti, registrano nel 2022, rispetto al 2019, aumenti nelle variazioni percentuali delle assunzioni: Alessandria +5,3%, Asti -2,5%, Cuneo +3,5%, Verbania-Cusio-Ossola +6,9%, Biella +17,4%, Torino +11,4%, Vercelli +4,9%, Novara +24,5%. I saldi assunzioni-cessazioni 2022 sono positivi per Alessandria +1602, Asti +208, Cuneo +3118, Verbania-Cusio-Ossola +105, Torino +15582, Novara +1212, ma sono negativi per Biella -93 e per Vercelli -742.
Nel 2022, il tasso di disoccupazione (15-64 anni) in Piemonte è al 6,6% (7,3% il tasso di disoccupazione femminile 15-64 anni). Si tratta di valori più bassi rispetto ai dati nazionali. In Italia, nel 2022, il tasso di disoccupazione è, infatti, all’8,2% (9,5% il tasso di disoccupazione femminile).
Nel 2021, il tasso di disoccupazione (15-64 anni) in Piemonte è più alto rispetto al 2022 ed è pari al 7,3% (8,7% il tasso di disoccupazione femminile 15-64 anni). In Italia, nel 2021, il tasso di disoccupazione è al 9,5% (10,6% il tasso di disoccupazione femminile).
Nel 2020, il tasso di disoccupazione (15-64 anni) in Piemonte è più elevato rispetto al 2021 e al 2022 ed è, infatti, pari al 7,6% (8,8% il tasso di disoccupazione femminile 15-64 anni). In Italia, nel 2020, il tasso di disoccupazione è pari al 9,3% (10,4% il tasso di disoccupazione femminile).
Nel 2019, in periodo pre-pandemico, il tasso di disoccupazione (15-64 anni) in Piemonte è al 7,6% (9,2% il tasso di disoccupazione femminile 15-64 anni). In Italia, nel 2019, il tasso di disoccupazione è al 9,9% (11,1% il tasso di disoccupazione femminile).
Nel 2022, il tasso di disoccupazione giovanile in Piemonte è pari al 20,6% (età 15-24 anni) e al 9,3% (età 25-34 anni). Nel 2021 tale tasso è pari al 23,4% (età 15-24 anni) e al 9,2% (età 25-34 anni) (fonte per I tassi di disoccupazione: ELABORAZIONE ORML REGIONE PIEMONTE SU DATI ISTAT-RCFL).
Collegamenti:
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ISTAT , bilancio demografico |
Con riferimento ai lavoratori previsti in entrata nel mese di aprile 2023, si evidenziano i seguenti dati (fonte: Unioncamere-ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, 2023).
Per quanto riguarda le entrate analizzate in base ai titoli di studio richiesti dalle imprese, su 25290 entrate previste: 4520 riguardano il livello universitario; 220 l’Istruzione tecnica superiore (ITS), 8400 il livello di istruzione secondaria; 4640 le qualifiche di formazione o diploma professionale e 7510 le entrate previste che non richiedono alcun titolo di studio.
In base alla tipologia di laurea, tra le entrate previste si evidenziano i dati relativi alle lauree seguenti: a indirizzo economico (1050 entrate previste, il 34,6% è di difficile reperimento); a indirizzo insegnamento e formazione (780 entrate previste, il 45,1% è di difficile reperimento); a indirizzo sanitario e paramedico (720 entrate previste, il 64,5% è di difficile reperimento); a indirizzo ingegneria industriale (330 entrate previste, il 54,7% è di difficile reperimento); a indirizzo scienze matematiche, fisiche e informatiche (320 entrate previste, il 69% è di difficile reperimento).
Con riferimento all’Istruzione Tecnica Superiore (ITS) le entrate previste sono 220 (il 70,2% è di difficile reperimento).
Per quanto riguarda l’istruzione a livello secondario, si evidenziano le entrate previste relative ai seguenti indirizzi: socio-sanitario (2170 entrate previste, il 72,3% è di difficile reperimento); amministrazione, finanza e marketing (2100 entrate previste, il 32,1% è di difficile reperimento); meccanica, meccatronica ed energia (1000 entrate previste, il 64,8% è di difficile reperimento); turismo, enogastronomia e ospitalità (620 entrate previste, il 60,5% è di difficile reperimento).
Per quanto riguarda le tendenze settoriali, i lavoratori previsti dalle imprese in entrata, per il periodo aprile – giugno 2023, sono 82610 di cui 26280 nell’Industria (21120 nell’Industria manifatturiera e Pubblic utilities e 5160 nelle Costruzioni); 56330 nei Servizi (12900 nel Commercio, 11290 nei Servizi di alloggio e ristorazione; servizi turistici; 16020 nei Servizi alle Imprese, 16120 nei Servizi alle persone).
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Titolo/nome | URL |
LA DOMANDA DI LAVORO DELLE IMPRESE. APRILE 2023. REGIONE PIEMONTE. INDAGINE CONTINUA DI UNIONCAMERE. PROGETTO EXCELSIOR, tavole 7 e 8, fonte Unioncamere-ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, 2023 | https://excelsior.unioncamere.net/excelsior-bts/document/tavola-statistica/trimester/9833
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I dati rilevati negli ultimi anni mostrano, con particolare chiarezza, la sensibilità del Mercato del Lavoro all’andamento dei contagi, alle misure di lockdown e di contenimento, all’acuirsi o al decrescere dell’allerta pandemica e alla situazione politica complessiva.
Dalla fine di febbraio del 2022, inoltre, il precario equilibrio geopolitico determinato dalla guerra Russia-Ucraina e il conseguente aumento delle tensioni sui prezzi delle materie prime, soprattutto energetiche hanno creato, inoltre, una situazione di instabilità e incertezza che rende difficili previsioni anche a breve termine.
Ciò nonostante, secondo quanto emerge dagli studi condotti da “BANCA D’ITALIA-EUROSISTEMA, Economie Regionali”, nella prima parte del 2022 è proseguito il miglioramento del Mercato del Lavoro in Piemonte. Occorre tuttavia considerare che, secondo i dati di Sondtel nell’ultimo trimestre del 2022 e nei primi tre mesi del 2023, il saldo tra le attese di aumento e quelle di calo delle ore lavorate si è ridotto significativamente nel settore dei servizi, pur rimanendo positivo, mentre è diventato negativo nell’industria.
Nel 2022, il tasso di disoccupazione giovanile in Piemonte è pari al 20,6% (età 15-24 anni) e al 9,3% (età 25-34 anni). Nel 2021 tale tasso è pari al 23,4% (età 15-24 anni) e al 9,2% (età 25-34 anni).
Per quanto riguarda l’analisi per province, il tasso di disoccupazione giovanile 2022 (età 15-24 anni) è per Torino il 24,5%, per Vercelli il 15,7%, per Novara il 22,5%, per Cuneo il 10,3%, per Asti il 26,8%, per Alessandria il 20,2%, per Biella il 19,5%, per VCO (Verbania-Cusio-Ossola) il 15,8%.
Il tasso di disoccupazione giovanile 2022 (età 25-34 anni) è per Torino l’11%, per Vercelli il 6,8%, per Novara il 6,6%, per Cuneo il 5,4%, per Asti il 9,6%, per Alessandria l’11,5%, per Biella il 5,1%, per VCO (Verbania-Cusio-Ossola) il 6,7% (fonte per I tassi di disoccupazione: ELABORAZIONE ORML REGIONE PIEMONTE SU DATI ISTAT-RCFL).
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Titolo/nome | URL |
BANCA D’ITALIA-EUROSISTEMA, ECONOMIE REGIONALI- L’ECONOMIA DEL PIEMONTE AGGIORNAMENTO CONGIUNTURALE, 23, TORINO, NOVEMBRE 2022, pagine 16, 17 e 18 | https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2022/2022-0023/2223-piemonte.pdf |
La Lombardia è la regione italiana più popolosa, 9,98 milioni di abitanti nel 2021 (-0,3% dal 2018) e la prima in Italia per persone occupate, 4,2 milioni (15-64 anni). Il tasso di occupazione è 66,5% (73,4% per gli uomini e 59,5% per le donne). Il tasso di disoccupazione è 6% (15-64 anni, 5,4% uomini, 6,6% donne), la media italiana è 9,7%. Il tasso di disoccupazione giovanile è 21,2% (15-24 anni), la media italiana è 29,7%. NEET 13,6% Donne inattive (30-69) 35,7% Inattivi che sarebbero disponibili a lavorare 8,0% Percentuale degli inattivi sulla popolazione 15-64 anni 28,1%.
Nella prima parte del 2022 il mercato del lavoro regionale ha mostrato nuovi segnali di miglioramento, grazie a un sensibile aumento degli occupati, anche se i livelli del 2019 non sono stati ancora pienamente recuperati. Il ricorso agli ammortizzatori sociali è sceso in maniera marcata, tornando quasi sui livelli precedenti la pandemia, e il numero dei disoccupati è diminuito.
Nel primo semestre del 2022 gli occupati sono saliti del 2,9 per cento soprattutto nei comparti legati al commercio, all’alloggio e alla ristorazione (8,5 per cento), che avevano subito in misura maggiore gli effetti della crisi, e nelle costruzioni (6,5 per cento). L’incremento ha riguardato sia i lavoratori autonomi, sia quelli dipendenti, ed è stato di entità maggiore per gli uomini. Il tasso di occupazione è salito di 2,1 punti percentuali in più rispetto al primo semestre del 2021
Diversamente dal 2021, al saldo hanno contribuito principalmente le posizioni di lavoro a tempo indeterminato, grazie all’incremento sia delle nuove assunzioni, sia delle trasformazioni. I saldi sono risultati positivi in tutti i comparti rispetto allo stesso periodo del 2021, sono stati inferiori nel commercio e nei servizi diversi dal turismo, più alti nell’industria in senso stretto
Il numero dei disoccupati è tornato a diminuire (-16,2 per cento nel primo semestre), dopo l’incremento registrato nel 2021
Nei primi sette mesi del 2022 le richieste della nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI), presentate da lavoratori dipendenti a seguito della chiusura involontaria del rapporto di lavoro, sono diminuite del 17,8 per cento rispetto al periodo corrispondente del 2021.
La Lombardia è la prima regione industriale in Europa in base alla classificazione NUTS2 dell’Unione europea ed è la regione italiana che presenta il maggior numero di imprese organizzate in filiera, con circa il 15% del totale nazionale.
La Lombardia già oggi riconosce 26 iniziative sorte “dal basso”, che comprendono 457 singoli soggetti e che coprono l’intero territorio regionale. La più numerosa in termini di soggetti aderenti è Sostenibilità e Circolarità dell’Alluminio – “Near to Zero”, la cui capofila è Raffmetal, azienda bresciana che opera nel settore delle leghe in alluminio in colata continua.
Oltre alle aziende manifatturiere o di servizi sono presenti anche altri soggetti, che operano in modo sinergico: è il caso, ad esempio, di Filiera Cosmetica lombarda, guidata da REI – Reindustria Innovazione, che ha come scopo proprio lo sviluppo territoriale tramite azioni di marketing e comunicazione, innovazione e ricerca e il sostegno a startup innovative della provincia di Cremona.
Tra le prime dieci aziende Top Employers Italia 2023 troviamo Acque bresciane e Alfa Varese.
I dati dell’indagine congiunturale del III trimestre 2021 registrano che i settori in crescita sono la gomma-plastica (+10,4%), la meccanica (+9,1%) settore di punta dell’economia lombarda e i minerali non metalliferi (+9,0%) spinto dagli incentivi per le ristrutturazioni. Chimica (+8,7%) e siderurgia (+7,8%) mantengono una crescita sensibile rispetto al livello pre-crisi, seguiti da alimentari (+6,3%) e legno-mobilio (+4,7%). Mezzi di trasporto (+2,4%) e cartastampa (+1,7%) riescono a svoltare in positivo, ma la crescita è ancora poco intensa.
Le figure più ricercate dalle imprese lombarde sono: gli specialisti (mansioni che richiedono un elevato livello di conoscenza teorica, acquisito attraverso il completamento di percorsi di istruzione universitaria) assieme ai manager rappresenta il gruppo professionale con la maggior quota di mercato (32% della domanda lombarda). Seguono per rilevanza le figure esecutive (impiegati d’ufficio + profili commerciali), pari al 23% della domanda, i tecnici che rappresentano il 17% della domanda e i colletti blu (operai specializzati + conduttori d’impianti) con il 14%). Le figure non qualificate rappresentano in Lombardia il residuo 14%.
A livello provinciale le richieste si concentrano su: Manager & Specialisti a Milano, Tecnici a Lecco, Impiegati d’ufficio a Brescia e Bergamo, Profili commerciali a Sondrio e Como, Personale non qualificato a Cremona, Lodi e Pavia, Operai Specializzati & Conduttori a Mantova.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Rapporto annuale Excelsior | https://www.unioncamerelombardia.it/fileadmin/dati__file_report_trimest… |
Centro studi Assolombarda | https://www.assolombarda.it/centro-studi/la-domanda-di-lavoro-e-di-comp… |
Rapporto annuale Banca d’Italia | https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2022/2022-0025/2225-lombardia.pdf |
Rapporto annuale Polis Lombardia | http://rapporto.lombardia.it/pdfs/RapportoLombardia_2022.pdf |
Cruscotto Lombardia Polis Lombardia | https://www.polis.lombardia.it/wps/portal/site/polis/pubblicazioni/Crus… |
I numeri della Lombardia | https://www.lombardiainfatti.regione.lombardia.it/i-numeri-della-lombar… |
Le tipologie di personale di più difficile reperimento sono Operai Specializzati & Conduttori (50,1% di candidati introvabili), Tecnici (49,6%) e Manager & Specialisti (48,4%), ma problemi emergono anche per le altre categorie su specifiche figure delle filiere della salute, della logistica, dell’accoglienza e dell’agricoltura.
Nella categoria Dirigenti & manager la figura più ricercata in assoluto è quella di Dirigente R&S, mentre tra gli Specialisti le figure di Specialista della pubblicità e del marketing e Analista di sistema.
Nella categoria Tecnici la figura più ricercata in assoluto è quella di Addetto amministrativo, seguita a debita distanza da Disegnatori industriali, Rappresentanti di commercio e Responsabili degli acquisti
Tra le figure impiegatizie i più ricercati sono Aiuto contabili e Addetti ai servizi finanziari e tra i profili commerciali quella dell’addetto alla vendita.
Nella categoria Operai Specializzati le figure più ricercate in assoluto sono quelle degli Installatori e dei Modellatori (ovvero coloro che costruiscono, manualmente o con l'ausilio di macchine non automatiche o semi-automatiche, utensili e attrezzi, tracciano e modellano i blocchi di metallo per realizzare l'utensile o il manufatto progettato), mentre tra i Conduttori di impianti si ricercano maggiormente gli Assemblatori generici.
Il reperimento di personale non qualificato non presenta particolari difficoltà, se non per specifiche figure (Non qualificati nell’agricoltura) per i quali le criticità si manifestano in più del 50% dei casi. Le figure maggiormente ricercate sono addetti alla movimentazione e al trasporto di merci, i non qualificati utilizzati nelle lavorazioni manifatturiere e gli addetti alle pulizie.
Tra le conoscenze derivanti dalla formazione (SAPERE), la più ricercata è quella delle lingue, ma ai primi posti troviamo anche le tecniche di servizio al cliente e le tecniche della comunicazione.
Tra le skills - cioè il SAPER FARE, vale a dire l’applicazione delle conoscenze alle attività lavorative - la più richiesta ai candidati è la capacità di trovare soluzione a problemi complessi e di gestire efficacemente il tempo.
Tra gli stili di lavoro - cioè il SAPER ESSERE, ovvero gli atteggiamenti individuali che possono incidere positivamente nello svolgimento del lavoro - si richiedono soprattutto flessibilità, gioco di squadra e leadership, ma anche affidabilità, proattività e pensiero analitico.
Nel 2021 le cessazioni a tempo indeterminato sono state nel complesso modeste: in particolare, i licenziamenti sono rimasti su livelli contenuti anche in settembre e ottobre (il 37 per cento in meno rispetto agli stessi mesi del 2019). Nei primi quindici giorni di novembre si è rilevato invece un aumento dei licenziamenti nei settori in cui il blocco è scaduto il 31 ottobre (servizi e industria dell’abbigliamento, del tessile e delle calzature). La crescita, analogamente con quanto osservato dopo lo sblocco del 30 giugno in gran parte della manifattura e nelle costruzioni potrebbe riflettere esuberi già previsti nei mesi precedenti. Nonostante tale aumento il tasso di licenziamento non si è discostato dai livelli precedenti la pandemia.
Il periodo considerato (maggio - ottobre 2021) doveva rappresentare il ritorno alla normalità e per molti ambiti ciò è avvenuto. Ma non per tutti. Nuovamente è stata anzitutto l’economia legata direttamente o indirettamente al turismo e alla ristorazione e il relativo mercato del lavoro a risentire più di tutti del disordine creato dalla pandemia. Da non trascurare la novità per albergatori, ristoratori e contadini di non avere a disposizione il solito “serbatoio” di personale residente all’esteroIl confronto con il 2019 dice che, a parte il mercato del lavoro legato al turismo, i valori di allora sono stati raggiunti e spesso superati. Non sono stati invece raggiunti i livelli che i dati fino al 2019 avevano fatto sperare per il 2021. L’altro lato del mercato del lavoro, vale a dire la disoccupazione, mostra che questa crisi non sta lasciando un’eredità eccessiva: dopo essersi gonfiate a dismisura, le liste di disoccupazione sono tornate quasi ai livelli del 2019. Se non addirittura più basse in alcune zone della provincia. Una conferma viene dal tasso di disoccupazione (3,5%) basato sui dati trimestrali di ISTAT/ASTAT del periodo aprile - giugno 2021, che è in calo rispetto ad un anno prima quando era pari a 4,0% e solo di poco maggiore rispetto a due anni prima (3,3%)
Il mercato del lavoro ha registrato per il periodo maggio - ottobre 2021 +4,3% contratti di lavoro in più rispetto ad un anno prima. Si tratterebbe di un valore record – finora, delle ultime 23 estati erano quelle del 2017 e 2018 a registrare la crescita maggiore: +3,6% – se non fosse che è quasi tutto dovuto al recupero dopo la prima estate con la pandemia. Infatti, rispetto al 2019 l’incremento è del +0,2%. Questo incremento su due anni corrisponde ad una crescita media annua del +0,1%, che è la somma tra il valore negativo (-3,3% come media dei due anni) registrato nel settore alberghiero e della ristorazione e una media di +0,7% negli altri settori. Per quest’ultimi ciò corrisponde ad una crescita debole, ma comunque leggermente migliore di quanto registrato durante la crisi economica mondiale quando tra il 2008 e il 2013 i settori non turistici erano cresciuti mediamente del +0,5% annuo.
Il settore economico che non è riuscito a tornare come media semestrale ai valori del 2019 è dunque quello alberghiero e ristorativo con un complessivo -6,7%
Debole è la crescita rispetto al 2019 in agricoltura (+0,8%), nell’edilizia (+1,1%), nelle attività manifatturiere (+1,2%), nel commercio (+1,4%), negli altri servizi privati (+1,1%), nell’assistenza sociale (+1,6%) e nell’istruzione (+1,5%). Il segno negativo lo si trova nelle attività finanziarie e assicurative (-0,4%) e nella Pubblica Amministrazione (-0,6%). Un importante +5,0% viene registrato per quanto riguarda il personale nel settore sanitario.
Complessivamente si riscontra un recupero di simile entità tra gli uomini (+0,0%) e le donne (+0,3%). Per via del principale settore in crisi, quello turistico, non si è ancora tornati ai livelli del 2019 per quanto riguarda gli operai e mansioni non impiegatizie in generale (-1,1%) e i non residenti (-1,4%) mentre è stato positivo il recupero per i residenti (+0,4%), soprattutto se con mansioni impiegatizie (+1,8%).
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Il periodo considerato (maggio - ottobre 2021) doveva rappresentare il ritorno alla normalità e per molti ambiti ciò è avvenuto. Ma non per tutti. Nuovamente è stata anzitutto l’economia legata direttamente o indirettamente al turismo e alla ristorazione e il relativo mercato del lavoro a risentire più di tutti del disordine creato dalla pandemia. Da non trascurare la novità per albergatori, ristoratori e contadini di non avere a disposizione il solito “serbatoio” di personale residente all’esteroIl confronto con il 2019 dice che, a parte il mercato del lavoro legato al turismo, i valori di allora sono stati raggiunti e spesso superati. Non sono stati invece raggiunti i livelli che i dati fino al 2019 avevano fatto sperare per il 2021. L’altro lato del mercato del lavoro, vale a dire la disoccupazione, mostra che questa crisi non sta lasciando un’eredità eccessiva: dopo essersi gonfiate a dismisura, le liste di disoccupazione sono tornate quasi ai livelli del 2019. Se non addirittura più basse in alcune zone della provincia. Una conferma viene dal tasso di disoccupazione (3,5%) basato sui dati trimestrali di ISTAT/ASTAT del periodo aprile - giugno 2021, che è in calo rispetto ad un anno prima quando era pari a 4,0% e solo di poco maggiore rispetto a due anni prima (3,3%)
Il mercato del lavoro ha registrato per il periodo maggio - ottobre 2021 +4,3% contratti di lavoro in più rispetto ad un anno prima. Si tratterebbe di un valore record – finora, delle ultime 23 estati erano quelle del 2017 e 2018 a registrare la crescita maggiore: +3,6% – se non fosse che è quasi tutto dovuto al recupero dopo la prima estate con la pandemia. Infatti, rispetto al 2019 l’incremento è del +0,2%. Questo incremento su due anni corrisponde ad una crescita media annua del +0,1%, che è la somma tra il valore negativo (-3,3% come media dei due anni) registrato nel settore alberghiero e della ristorazione e una media di +0,7% negli altri settori. Per quest’ultimi ciò corrisponde ad una crescita debole, ma comunque leggermente migliore di quanto registrato durante la crisi economica mondiale quando tra il 2008 e il 2013 i settori non turistici erano cresciuti mediamente del +0,5% annuo.
Il settore economico che non è riuscito a tornare come media semestrale ai valori del 2019 è dunque quello alberghiero e ristorativo con un complessivo -6,7%
Debole è la crescita rispetto al 2019 in agricoltura (+0,8%), nell’edilizia (+1,1%), nelle attività manifatturiere (+1,2%), nel commercio (+1,4%), negli altri servizi privati (+1,1%), nell’assistenza sociale (+1,6%) e nell’istruzione (+1,5%). Il segno negativo lo si trova nelle attività finanziarie e assicurative (-0,4%) e nella Pubblica Amministrazione (-0,6%). Un importante +5,0% viene registrato per quanto riguarda il personale nel settore sanitario.
Il numero medio di persone iscritte nelle liste dei centri di mediazione lavoro durante il periodo maggio - ottobre 2021 è pari a 15.787 persone, +2.894 (+22,4%) in più rispetto allo stesso periodo del 2019, quindi prima che l’Alto Adige venisse colpito dalla pandemia. Questo valore è il risultato di due semestri estivi sviluppatisi in maniera opposta: un sensibile aumento pari a +54% (+7.000 persone) dall’estate 2019 all’estate “pandemica” del 2020 e un successivo calo pari a -4.100 (-20%) persone iscritte per il semestre attuale.
Il tardo avvio della stagione estiva nel turismo è la principale ragione per l’incremento della disoccupazione: il 90% dei +3.000 disoccupati iscritti nell’estate 2021 proviene dal settore alberghiero e della ristorazione e dai servizi ad esso correlati. Per vari motivi molti dei cosidetti “disoccupati stagionali”, ovvero persone che vengono iscritte nelle liste di disoccupazione solo nei periodi tra le singole stagioni, non sono riusciti a riprendere il loro lavoro come d’abitudine. Il loro numero è pari a 4.300 persone, ovvero +50,2% (+1.438) sul 2019. È aumentato sensibilmente anche il numero di disoccupati anziani (con più di 50 anni): +30,3%, ovvero in media 4.465 persone. Lo stesso vale per i disoccupati di lunga durata, i quali sono raddoppiati tra i semestri estivi del 2019 e 2021.Dalla comparazione con l’estate 2019 si evince che il numero medio mensile dei disoccupati si avvicina ai livelli prepandemia solo verso la fine dell’attuale semestre. Infatti a maggio 2021 vi erano ancora +6.385 (+36,6%) persone iscritte nelle liste di disoccupazione in più che nello stesso mese del 2019. Questa differenza cala per il mese di ottobre: +8,6% (+1.235), con alcune zone della provincia che scendono persino sotto il livello pre-pandemia.
Sono in particolare la Val Venosta, la Val Pusteria (inclusa la Val Badia) e la Bassa Atesina ad avere un buon andamento. Le due circoscrizioni di lavoro Silandro (+7,9%; +53) e Brunico (+5,6%; +131) registrano solo un lieve aumento del numero di disoccupati sull’estate del 2019 mentre la circoscrizione Egna (-12) raggiunge lo stesso livello. Per il mese di ottobre, quindi a fine del periodo d’osservazione attuale, queste circoscrizioni riescono persino a registrare meno disoccupati di due anni prima (Silandro: -33; -4,8%; Brunico: -118; -3,8%; Egna: -45; -10,5%). Diversa la situazione per Merano e i comuni circondari che hanno sofferto di più il tardo inizio della stagione turistica estiva e che contano rispettivamente +46,9% (+370) e +62,2% (+544) disoccupati in più del 2019. Bolzano (+17,1%; +528) e i comuni che fanno parte della stessa circoscrizione (+19,9%; +439), così come la circoscrizione Bressanone che include anche Vipiteno (+21,5%; +281) raggiungono il livello d’aumento medio provinciale: +22,4% sul semestre estivo del 2019.
La Provincia autonoma di Trento conta poco più di 540.000 residenti.
Gli ultimi dati disponibili (dicembre 2020) indicano un tasso di attività del 71,1% (m = 76,8%, f = 65,5%), un tasso di occupazione al 67,3% (m = 73,1%, f = 61,5%) mentre il tasso di disoccupazione è il 5,3% (m = 4,7%, f = 5,9%). Tali dati risentono della pandemia da Covid 19 e ci si attende che possano modificarsi con l’aumento delle vaccinazioni.
La struttura occupazionale trentina per settore di attività vede la predominanza delle attività terziarie (71,3%) rispetto ai comparti agricolo (3,1%) e secondario (25,6%).
Il settore dei servizi (terziario) è rilevante e conta al suo interno gli occupati nel commercio, nel turistico/alberghiero, nel settore pubblico, nel settore bancario/assicurativo, liberi professionisti e servizi alle aziende.
Nel settore secondario la maggioranza degli addetti lavora nelle attività manifatturiere, siano esse industriali o artigianali. La struttura produttiva nella provincia di Trento è caratterizzata dalla prevalenza di imprese di piccola-media dimensione. La presenza di grandi insediamenti produttivi è piuttosto limitata.
In sintesi, le caratteristiche peculiari della struttura produttiva locale sono la predominanza dell’artigianato, la prevalente piccola dimensione delle imprese e la consistenza particolarmente significativa anche in confronto al Nord-Est e all’Italia, delle imprese terziarie, in particolare dell’alberghiero e della ristorazione. Non vi sono quindi in Trentino quelle grandi aziende con cui un territorio (o parte di esso) si identificano (si pensi alle grandi realtà del Nord-Ovest).
Il mercato del lavoro trentino esercita una certa forza di attrazione nei confronti di lavoratori immigrati (siano essi stanziali o stagionali), mentre sono piuttosto limitati i fenomeni di pendolarismo (principalmente da e per le vicine provincie di Bolzano e Verona).
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Titolo/nome | URL |
Agenzia del lavoro - Provincia autonoma di Trento |
L’agricoltura, pur rappresentando una piccola percentuale dell’occupazione trentina, si configura come un settore con produzioni di qualità (mele, viticoltura) e buone dinamiche occupazionali; in questo settore c’è una forte dicotomia tra occupazioni stagionali per la raccolta in cui è forte la presenza di lavoratori stranieri, ed occupati annuali che sono principalmente figure tecniche ad alta specializzazione (spesso giovani coltivatori con un diploma o laurea inerente). Le attività di questo comparto non sono state compromesse dall’evento pandemico di inizio anno.
Il settore turistico (alberghiero, ristorazione) riveste un peso importante nell’economia trentina. Si caratterizza per una forte stagionalità (per lo più doppia stagione estiva ed invernale nei contesti montani e una unica stagione lunga da aprile a ottobre sul lago di Garda); rilevante è l’impatto occupazionale specie nelle valli. Nelle zone più turistiche è frequente l’assunzione di lavoratori provenienti da fuori Trentino, spesso con offerta dell’alloggio. Nel settore ricettivo e della ristorazione le professioni più richieste sono le seguenti: cuochi, camerieri di sala / bar con conoscenza di tedesco e/o inglese, addetti alla reception con conoscenza di tedesco / inglese ed una terza lingua.
Su questo comparto, e sulle seguenti altre attività del terziario che presuppongono un contatto tra consumatori e fornitori - commercio, servizi alla persona, servizi ricreativi, sportivi e organizzazioni associative - il lockdown ha impattato in maniera importante.
Al momento (inizio giugno 2021) le attese per la stagione estiva sono buone e le strutture ricettive riscontrano difficoltà nella ricerca del personale; questo sembra essere legato allo spostamento di lavoratori dal turistico verso altri settori ed alla possibile difficoltà nell’arrivo di lavoratori dall’estero.
Nell’industria / artigianato le professioni caratterizzate da un certo appeal occupazionale sono quelle dei tecnici (periti, ingegneri), degli operai qualificati e quelle legate all’export. Molto ricercate e di difficile reperimento in Trentino sono figure ingegneristiche nell'ambito ICT.
Nel settore estrattivo ed edile sono richieste perlopiù mansioni poco qualificate. Questi due comparti evidenziano da alcuni anni una fase di ridimensionamento.
Il settore dei servizi in senso ampio mostra un andamento sostanzialmente stabile per quanto riguarda gli occupati nella pubblica amministrazione, nel settore dei servizi alle aziende, oltre al settore della cura della persona (es. badanti).
La situazione occupazionale trentina, generalmente abbastanza buona, ha subito un peggioramento a causa della pandemia del COVID andando a colpire maggiormente i lavoratori più deboli, i lavoratori del settore turistico e degli esercizi pubblici in generale. Le difficoltà maggiori si riscontrano tra i lavoratori poco qualificati, tra i giovani che hanno abbandonato i percorsi scolastici ed in qualche misura tra i giovani diplomati/laureati in alcuni percorsi di studi non tecnici. Va sottolineato che per alcune figure (in particolare per alcune tipologie di giovani diplomati e laureati) si tratta di difficoltà nel trovare un lavoro coerente con il proprio percorso di studi, con una parte di questi che si occupano in lavori non coerenti col proprio percorso formativo. Al contrario i giovani senza scolarizzazione ed i lavoratori poco qualificati incontrano spesso difficoltà ad occuparsi, indipendentemente dalla qualifica o settore; in alcuni casi queste situazioni si trasformano in disoccupazione di lungo periodo oppure rientro nei Paesi d’origine. Questa tendenza è andata aggravandosi in concomitanza all’emergenza COVID.
Il Veneto si contraddistingue per un sistema imprenditoriale fortemente radicato nel territorio, incentrato sul ruolo chiave delle piccole e medie imprese e caratterizzato da una forte flessibilità organizzativa.
Il Veneto è tra le prime regioni italiane per numero di imprese, con 472.768 imprese registrate e 424.991 imprese attive al quarto trimestre del 2022. Quello del Veneto è un sistema economico-produttivo fortemente aperto all’internazionalizzazione, con forte vocazione all’export, e con molte imprese leader sul territorio. Specializzazioni produttive in settori tradizionali e maturi convivono con attività tecnologiche ed innovative, con addensamenti di attività manifatturiere che operano su specifiche filiere produttive, anche a carattere distrettuale. Solo a titolo esemplificativo, si menzionano aziende leader nei rispettivi comparti produttivi e distretti, quali Luxottica, Nice, Texa, Geox, De’ Longhi, Calzedonia, Lafert Group, Rigoni di Asiago e Maschio Gaspardo.
Negli ultimi anni, a fronte di un forte calo delle imprese industriali per effetto della crisi e dei processi riorganizzativi e di selezione in atto, si è registrata una forte crescita soprattutto delle imprese del terziario, ambito nel quale oggi si conta il maggior numero di imprese attive: circa il 59% del totale, concentrate soprattutto nel comparto turistico e commerciale, ma anche nei servizi alle imprese e alle persone.
L’agricoltura continua a rappresentare un settore importante per l’intera economia regionale, con attività alla base di una serie di filiere di eccellenza. Il settore continua tuttavia a registrare una progressiva riduzione delle imprese, pari al 14% del totale nel 2022, una tendenza legata sia alle continue modificazioni nell’uso del territorio agricolo, sia a processi di razionalizzazione e accorpamento tra imprese.
I dati Istat relativi al terzo trimestre 2022 evidenziano un volume di occupati pari a 2,148 ml. (2,145 ml. nel terzo trimestre 2019), di cui 1,226 ml di occupati maschi e 992 ml. di occupate femmine. Gli occupati dipendenti risultano 1,683 ml. (1,695 nel terzo trimestre 2019). Il tasso di occupazione relativo alla popolazione tra i 15 e i 64 anni è risultato pari al 67,8% (67,3% nel terzo trimestre 2019). Le persone in cerca di occupazione sono 77.000 (114.000 nel terzo trimestre 2019), di cui 37.000 maschi e 40.000 femmine. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,5% (5,1% nel terzo trimestre 2019).
Con le trasformazioni dei sistemi economico-produttivi, la ricomposizione settoriale e i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro si stanno ri-disegnando, comportando una progressiva erosione del “confine” fra i settori tradizionali, divenuti più fluidi e interconnessi. In un contesto di crescente discontinuità lavorativa, di maggiore flessibilità nelle richieste delle aziende, ma anche dei lavoratori, cambiano anche i contenuti del lavoro e aumentano i ruoli e le mansioni che combinano competenze che non si trovano mai in un solo mestiere.
Il mercato sta prendendo la forma di una clessidra, dove le due estremità rappresentano le professioni “altamente” specializzate e non specializzate, le professioni “intermedie” si assottigliano sempre più. La complessità crescente della domanda di lavoro, ma anche esigenze diverse di aziende e lavoratori, hanno determinato, anche nel mercato del lavoro regionale veneto, un importante aumento delle situazioni di “labour shortage”. Il problema del mismatch è accentuato dalle trasformazioni in atto, da un contesto in veloce cambiamento e, pur essendo un fenomeno multidimensionale, ha molto a che vedere con il tema delle competenze, sempre più contaminate ed ibride. Per molti dei lavori esistenti e per quelli nuovi, le conoscenze tecniche specialistiche proprie di ogni mestiere devono integrarsi con le competenze informatiche e digitali, con le abilità di comunicazione e interazione nei social network, con le modalità di collaborazione in ambienti di lavoro meno gerarchici, più tecnologici e dinamici.
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A fine 2022, in Veneto, la differenza tra il numero delle assunzioni e quello delle chiusure di rapporti di lavoro dipendente è risultato positivo per 29.000 unità, effetto di una crescita delle assunzioni pari a un +8% rispetto al periodo pre-Covid. Guardando ai profili professionali, tra 2019 e 2022 sono cresciute in particolare le assunzioni di impiegati (+21%) e di figure intellettuali (+37%) queste ultime riguardanti il personale della scuola; crescono anche se in modo più contenuto le assunzioni di conduttori e operai semi-specializzati (+10%), le professioni tecniche (+7%) e le professioni qualificate dei servizi (+4,5%).
Per quanto riguarda i contratti di assunzione, il 2022 ha rappresentato un periodo in cui si è enfatizzata la specularità tra contratti a termine e contratti a tempo indeterminato: mentre i primi diminuiscono, i secondi - grazie a nuove assunzioni ma anche alla trasformazione di altri contratti - sono cresciuti.
Guardando agli inserimenti di personale che le aziende venete stanno programmando per il prossimo trimestre (maggio-luglio 2023), si tratta di quasi 145.350 nuove entrate. Un quarto di queste riguarderà contratti in forma stabile, a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre per la restante parte saranno a termine (a tempo determinato o altri contratti con durata predefinita).
Per quanto riguarda le figure professionali, le due più richieste concentrano il 62% delle entrate complessive: il 31% degli inserimenti riguarderà operai specializzati e conduttori impianti ed un altro 31% professioni commerciali e dei servizi; sul totale delle entrate previste, il 15% riguarderà dirigenti, specialisti e tecnici, un altro 15% profili generici non qualificati mentre, infine, un 8% interesserà figure impiegatizie.
Guardando a cosa è avvenuto nelle imprese venete a fine 2022 in base al settore produttivo a cui appartengono, le assunzioni sono cresciute del +12% nell’industria, mostrando variazioni particolarmente positive nel metalmeccanico (+21%) e nelle “altre industrie” dell’ambito chimico-plastico-farmaceutico; nei servizi la crescita è stata del +10% ed ha riguardato in particolare i servizi alla persona (+27%). Le assunzioni risultano invece diminuite in agricoltura dove si registra un calo del -12% rispetto al 2019.
Rispetto alle entrate di lavoratori programmate dalle imprese venete nel prossimo trimestre (maggio-luglio 2023), quasi il 70% degli inserimenti si concentrerà nel settore dei servizi e il rimanente 30% l’industria. Guardando nel dettaglio i settori, le entrate programmate riguardano in particolare l’industria manifatturiera (soprattutto industrie metalmeccaniche ed elettroniche, metallurgia e prodotti in metallo, tessile abbigliamento e industrie alimentari), quindi i servizi di alloggio, ristorazione e servizi turistici, infine i servizi alle imprese. Il 43% delle entrate sarà per un lavoro in piccole imprese, con meno di 9 dipendenti; il 31% è invece legato a inserimenti in aziende medio-piccole (10-49 dipendenti) mentre il 15% riguarderà aziende grandi con più di 250 dipendenti.
Per quanto riguarda i territori, la provincia di Venezia è il territorio dove è previsto il maggior numero di inserimenti (soprattutto nell’ambito del turismo e della ristorazione), seguono Verona (nel turismo ma anche nel manifatturiero e nel terziario) e Padova (terziario avanzato e manifatturiero), quindi Vicenza e Treviso (per entrambe, soprattutto nel settore manifatturiero), Belluno (turismo) e Rovigo (manifatturiero e terziario).
La regione autonoma FVG si situa nella parte nord-est dell’Italia, tra le regioni con il tasso di occupazione più elevato nel 2022 (68.5), e una crescita costante nel numero di occupati dal 2018 ad oggi, che passano dai 507mila circa ai 520.517 (+2.6%), un numero record per ciò che riguarda la serie storica dagli anni 90 ad oggi. La popolazione residente si aggira sui circa 1.200.000 abitanti, con una popolazione attiva (15-64 anni) pari a quasi 752.000, soggetti, cosè composta, oltre ai 520mila occupati – come accennato - a cui si aggiungono 29mila disoccupati e 202.700 circa di inattivi in età da lavoro.
La composizione dell’offerta potenziale di lavoro tende a ridursi per via di una evidente regressione demografica, soprattutto per ciò che riguarda le coorti in entrata nel mercato del lavoro. La percentuale di popolazione fino ai 15 anni è pari a circa il 15%, esattamente la metà degli over 64enni che rappresentano quasi il 30%. Nonostante questo, per via dell’elevato incremento del PIL nel 2021 (+7%) e del 2022 (+3%) le classi più giovani (fino ai 34 anni di età) sono cresciute molto, anche se rappresentano meno della metà del totale degli occupati. Più specificatamente, la composizione degli occupati per classi di età nel 2022 è la seguente: i 15-24enni sono nel complesso 24.246 (4.7% del totale, +21.3% rispetto al 2018), i 25-34enni sono in tutto 89.569 (17.2% sul totale, con una crescita rispetto al 2018 pari al +6.1%; la classe 35-49 anni conta oiltre 197mila occupati (27.9% del totale, con una riduzione pari al 7.4%), mentre i 50-64enni sono oltre 192mila, rappresentano il 36.9% del totale, in crescita del 9.7%. La classe che si assottiglia di più è proprio quella centrale, in virtù dell’effetto demografico sopra descritto. Questo portarà, probabilmente nei prossimi anni, da un lato, ad un aumento dell’entrata delle classi più giovanili (sempre che la domanda di lavoro rimanga elevata), mentre un tendenziale invecchiamento delle classi più anziane e, in previsione, un cospicuo numero di pensionamenti.
Il tasso di occupazione è tra i più bassi tra le Regioni italiane, pari a 5.4%
La regione FVG è fra quelle in cui pesa di più la componente della manifattura (quasi 130mila occupati, pari a circa un lavoratore su quattro), gli occupati nelle costruzioni sono 31.480 (+3.3% rispetto al 2021). I comparti appena citati si sono evoluti, dal punto di vista tecnologico, molto e rappresentano settori rilevanti tanto per la componente degli operai specializzati quanto per i tecnici e coloro con competenze ingegneristiche e di gestione/economicità delle imprese. Venedo al terziario, tradizionale e avanzato, si tratta di settori che assorbono la maggior parte dell’occupazione: il settore turistico conta circa 96mila occupati, gli altri servizi sono quasi 250mila. Si evidenzia, ancora, una forte differenziazione dei settori rispetto al genere e alla precarietà del mercato del lavoro: i settori vocati all’export con produzioni ad alto valore aggiunto hanno una occupazione prevalentemente maschili e con le condizioni contrattuali più vantaggiose, viceversa (essendo anche molto schematici), il terziario tradizionale e avanzato con soprattutto donne, spesso in part-time involontario.
La struttura produttiva nel complesso rimane quella “tradizionale”, basata su sistemi di distretti industriali anche se meno integrati rispetto al passato, quindi grandi players multinazionale, con una vasta collaborazione a rete con imprese di medie dimensioni e piccolissime. La maggior quota di imprese non supera mediamente i 15 dipendenti.
Nel complesso, i vari tipi di lavoro, particolarmente richiesti, sono specialisti e tecnici nel campo del marketing, della produzione industriale, nell’informatica, nella gestione di impresa. In questi campi la domanda di lavoro e la difficoltà di reperimento è piuttosto elevata. Non piccola la quota di professioni più generiche, a medio-bassa qualificazione, soprattutto nel campo del turismo e del commercio al dettaglio tradizionale.
Nota sui “pendolari” (frontalieri)
La regione Friuli Venezia Giulia confina direttamente con due Stati Membri, Slovenia ed Austria, ed indirettamente con un terzo Stato Membro, la Croazia. Tale confine è definito “indiretto” seppure la distanza che separa Italia e Croazia sia di soli 20 km. E’ possibile dunque comprendere come il fenomeno del frontalierato sia un fenomeno sfacettato e composto da flussi che si muovono a cavallo di 4 Paesi. Il flusso più rilevante è quello che si rileva tra FVG e Slovenia, stimato in un numero giornaliero di lavoratori frontalieri di circa 12 mila persone.
All’interno di tale area confinaria sono presenti servizi strutturati, con un focus specifico sul fenomeno del frontalierato, gestiti attraverso strutture con accesso digitale e fisico presenti nei territori confinari. Tali servizi, si occupano di supporto e tutela a datori di lavoro e lavoratori mobili nell’area: accesso al mercato del lavoro, reclutamento, sicurezza sociale e tassazione, informazione sulle condizioni di vita e lavoro. Una rete di Infodesk offre accesso gratuito ai servizi, erogati da Servizi Pubblici per l’Impiego, Parti sociali a tutela del lavoratore, Patronati e Parti sociali a supporto dei datori di lavoro. La regione confinaria tra Italia e Slovenia, che prende convenzionalmente il nome di “regione EURADRIA”, include quindi la Regione Friuli Venezia Giulia (NUTS 2 ITH4) e 3 delle regioni statistiche slovene (Goriška, NUTS 3 SI043, Obalno-kraška, NUTS 3 SI044, Notranjsko-kraška, NUTS 3 SI038).
I settori maggiormente sviluppati nell’area confinaria sono quelli dell’agricoltura e del lavoro stagionale, del settore marittimo/navale, dell’edilizia e delle costruzioni, del turismo e dell’ospitalità, dell’assistenza domiciliare e domestica, dell’innovazione e della ricerca.
Un one stop shop portal è attivo per offrire supporto informativo ed assistenza a quanti, lavoratori e datori di lavoro, siano interessati ad approfondire tali informazioni e/o ad accedere a specific servizi (www.euradria.eu). Il portale è disponibile in 3 lingue: italiano, sloveno ed inglese.
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REGIONE FVG | |
ONE STOP SHOP EURADRIA |
Come accennato in precedenza, visto l’incremento dell’occupazione, le possibilità di lavoro sono distrubuiti su tutti i settori economici, anche se con delle differenze di cui tenere conto. La manifattura, in particolare, si concentra in sotto-settori che rappresentano un’ampia fetta di produzione ed esportazione: la metalmeccanica e componentistica, la produzione e commercializzazione di impianti e robot industriali, l’industria del legno. Il settore ICT si sta molto sviluppando, ma soprattutto con un sistema a “rete” di supporto alle industrie più grandi, nonché su quelle medie e piccole. Le opportunità di impiego sono piuttosto diffuse, anche durante la stagione estiva, nel campo del turismo (non solo cuochi o settore alberghiero, ma anche nelle professioni di in-coming e assistenza alla clientela) e del commercio all’ingrosso e al dettaglio. Da segnalare anche il settore del trasporto e della logistica.
Nota sulle aree confinarie (“pendolari”/frontalieri)
I settori maggiormente sviluppati nell’area confinaria tra FVG e Slovenia sono quelli dell’agricoltura e del lavoro stagionale, del settore marittimo/navale, dell’edilizia e delle costruzioni, del turismo e dell’ospitalità, dell’assistenza domiciliare e domestica, dell’innovazione e della ricerca.
Un one stop shop portal è attivo per offrire supporto informativo ed assistenza a quanti, lavoratori e datori di lavoro, siano interessati ad approfondire tali informazioni e/o ad accedere a specific servizi (www.euradria.eu). Il portale è disponibile in 3 lingue: italiano, sloveno ed inglese.
Per ciò che concerne il versante FVG/Austria, l’area confinaria è rappresentata dalla regione Friuli Venzia Giulia e dal land austriaco della Carinthia (NUTS AT21). Rispetto ai settori occupazionali più rilevanti, appare in primo luogo rilevante quello della meccanica/meccatronica, seguito dal settore turistico/stagionale.
Gli ultimi tre anni e, proabilmente anche i prossimi, sono un momento molto propizio per l’economia regionale. La disoccupazione è a livelli piuttosto bassi, come abbiamo visto, e si concentra ancora sulle donne, i giovani precari e in generale sulle basse qualifiche professionali e le professioni generiche.
La situazione del mercato del Lavoro in Liguria, nel terzo trimestre del 2020 risente dei provvedimenti governativi volti a contenere l’emergenza sanitaria causata dal COVID-19.
Dai dati relativi al mercato del lavoro per l’anno 2020 emerge, rispetto all’anno precedente:
- Diminuzione del tasso di occupazione
- Diminuzione del tasso di disoccupazione
- Diminuzione della forza lavoro
- Aumento della popolazione inattiva
l tasso di occupazione ligure scende dal 65,1% al 64,5%.
Nel 2020 la Liguria fa registrare una diminuzione della forza lavoro rispetto al 2019 (-3,1%, pari a circa 21 mila unità in meno), particolarmente concentrata nei primi tre trimestri dell’anno. Secondo i dati diffusi da ISTAT, l’occupazione in Liguria scende dalle 628.944 unità del III trimestre 2019 alle 617.575 unità del III trimestre 2020 (-1,8%). Nel Nord e in Italia la flessione è più marcata (Nord Ovest: -2,6%, -184.734 unità; Nord Est: -2,1%, -111.513 unità; Italia: -2,6%, -621.709 unità).
Parallelamente si registra un incremento della popolazione inattiva (+1,4%, pari a circa 12 mila unità), cresciuta anch’essa particolarmente nei primi 9 mesi dell’anno. Ne risulta un calo complessivo della popolazione di circa 9 mila unità.
Per quanto riguarda la forza lavoro, diminuiscono sia gli occupati (-1,7%, ossia circa 11 mila unità in meno), sia le persone in cerca di occupazione (-16,2%, ossia circa 11 mila unità in meno).
Con riferimento alla popolazione inattiva si evidenzia un incremento per tutte le categorie tranne che per coloro che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare (-2 mila unità, ossia -7,7%) e per le non forze lavoro con meno di 15 anni (-3mila unità, ossia -1,7%).
Il lavoro indipendente nel commercio, alberghi e ristoranti aumenta dell’11,7% (+6.994 unità).
I NEET (Not in Employment, Education or Training), ossia i giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi formativi, in Liguria, nel 2020, nella classe di età 15-24 anni, crescono del 20,3% rispetto al 2019 (+3.434 unità), raggiungendo le 20.326 unità. Nel Nord Ovest la crescita tra i 15-24 anni è del 20,7% (+40.752 unità). In Liguria, i NEET nella classe 15-29 anni crescono del 13,8% (+4.927 unità), toccando le 40.656 unità nel 2020. Nel Nord Ovest, nello stesso periodo l’aumento è del 18,7% (+65.569 unità).
REGIONE LIGURIA Servizio Politiche Attive del Lavoro
Osserevatorio Mercato del Lavoro Alfaliguria
Uncamere-excelsior
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Sito della Regione Liguria | |
Agenzia Regionale per il Lavoro la Formazione e l’Accreditamento | |
Unioncamere-Excelsior |
A livello settoriale l’andamento negativo è dovuto principalmente al comparto dei servizi, dove si registra un calo dell’occupazione del 2,4%. Il settore rappresenta oltre il 78% dell’occupazione ligure. Inoltre, anche l’industria mostra una contrazione dell’occupazione (-0,4%) e la crescita registrata nella sola agricoltura (+14,2%) non è sufficiente a compensare tali perdite.
Cresce l’occupazione in agricoltura del 22,5% (+2.467 unità) e nell’industria (+2,6%, +2.980 unità) principalmente per effetto degli occupati nel manifatturiero (+3,8%, +2.957 unità), mentre le costruzioni rimangono stabili (+0,1%, +24 unità); nei servizi l’occupazione scende del 3,3% (-16.818 unità) nonostante il +0,9% di commercio, alberghi e ristoranti (+1.403 unità);
Rispetto al 2019, nel 2020 la contrazione degli avviati in Liguria riguarda tutte le attività connesse al Turismo, anche se le perdite più elevate, in termini percentuali, sono state quelle delle agenzie di viaggio e dell’assistenza turistica (-56,7%, -55 unità).
Anche i ristoranti, bar e gelaterie hanno risentito di una stagione ridotta e di una minore affluenza di turisti/clienti, registrando nel 2020 una diminuzione di avviamenti di oltre il 16%.
Nell’ambito delle strutture alberghiere gli occupati sono stati il 14,1% in meno rispetto al 2019, così come negli affittacamere e B&B (-23,1%).
Repertorio delle Professioni www.laboratorioprofessioni.it
Sistema Excelsior Unioncamere https://excelsior.unioncamere.it
Aumenta del 20,8% il numero delle persone che si registrano ai Centri per l’Impiego per la ricerca attiva di lavoro; all’interno di questa categoria prevalgono le donne che rappresentano il 72,2%. I profili disponibili sono soprattutto nel settore turistico (alberghiero e ristorazione, in particolare) che per effetto del protrarsi dell’emergenza sanitaria, della riduzione degi spostamenti e della chiusura di diverse attività ha visto calare il numero degli occupati e /o il periodo di contratto di lavoro. Si tratta in larga parte di personale non qualificato, stagionale, con esperienza.
Professioni in eccesso si registrano anche nel settore istruzione, insegnanti e specialisti in discipline artistiche e in scienze umane.
Fonti: Osservatorio Centri per l’Impiego liguri
Mercato del Lavoro Alfaliguria
Repertorio delle Professioni www.laboratorioprofessioni.it
Sistema Excelsior Unioncamere https://excelsior.unioncamere.it
Emilia-Romagna is home to 4.43 million people, of whom about 2.12 million are active in the labour market and represent 73.5% of the population of 15-64 years. This represents one of the highest percentages among the Italian regions, but it’s still 1,1 points below the 2019 level due to the Covid19 pandemic in last 3 years.
After the crisis of 2020, the years 2021 and 2022 have been characterized by quite good trends in the labour market. Compared to 2019, the number of working people decreased by 1.2%, but job seekers also decreased by 11.0%, due to a 2.2% growth in the inactive population in the two years.
The decrease in jobs is worse for women (-1.9%) than male (-0.7%). Looking into trends in various sectors compared to 2019, the worst is agriculture, which lost 8.3% of its jobs, followed by commerce (including hotels and restaurants) which lost 5.3% of its jobs, then manufacturing (-1.8%) and other services (-1.3%). On the other hand, construction increased by 22.3%.
The overall unemployment rate in 2022 was 5.1%. Unemployed women represent 6.2% of the active female population, while the male unemployment rate is estimated at 4.2%. Compared to the national average, these values are very low.
Within the region, the territories of Bologna (3.1%) and Forlì-Cesena (4.1%) are those that present a lower level of unemployment, while the worst unemployment rate is in Ferrara (8.3%), which is historically the area with the worst job market.
The economic system remains mainly characterized by small and medium sized enterprises. The main production chains in the region are: machinery, automobiles, agriculture and food-processing machinery, construction, fashion, health, culture and creativity. The individual sectors of the supply chains are linked together through supply relationships or interdependence along the value chain, and they are supported by a research and development system made up of a mix of specialist centers, including universities.
Tourism, connected to the seaside, mountain sites and art cities, is another central sector in the regional economy, and it has made a full recovery after the 2020 crisis.
In the regional job market, 25.8% of workers are self-employed, while employees represent 74.2%.
Labor mobility is also high among unskilled professions and commerce and service activities, although the service activities sector has grown significantly during the last few years, together with education and training specialized professions, mathematical sciences, informational technology and engineering.
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Unione delle Camere di Commercio dell'Emilia-Romagna - UCER | https://www.ucer.camcom.it/studi-ricerche/analisi/scenario-previsione |
Agenzia Regionale del Lavoro Emilia-Romagna | |
Regione Emilia Romagna - Statistica | |
Regione Emilia Romagna – Invest in Emilia-Romagna |
According to the Excelsior analysis for the May-July 2023 period, regional companies have scheduled the new hiring of 147,860 professionals, of whom 81% will have fixed-term contracts and 19% permanent ones.
These new positions are mostly in the services sector (73%) with enterprises employing fewer than 50 people (63%).
Specifically, the top categories of the ranking by sectors list tourism (27%), followed by manufacturing (22%), business services (21%), personal services (13%), commerce (11%) and construction (6%).
These are professionals to be hired mainly in commercial and services areas, (39%) or production and in the management of production plants (28%). There was little interest in jobs without specific qualifications (17%) or managers, specialists and technicians (15%). One in three might relate to people younger than 30.
Many companies indicate that they will have difficulties identifying the professionals they need, among jobseekers (49% of cases), especially in the technical field (61%).
The territory with the lowest unemployment rate in 2022 is Bologna (3.6%) in the central Emilia area, but also Forlì-Cesena (4.1%) and Reggio Emilia (4.4%) are lower than the regional average.
These are areas of the region where the share of people seeking work is much lower than the north-eAst areas, especially Ferrara (8.3%).
However, the average regional unemployment rate (5.1%) remains significantly lower than the Italian average (8.2%).
Forecasts for 2023 indicate a decreasing unemployment rate in all regional areas due to the expected increase in gross domestic product and the development of Next Generation EU program for public investment. Uncertainty remains due to the Ukraine situation.
Comment
In 2022 the signs of an economic trend reversal stabilized after the very difficult 2020 characterized by the pandemic.
Now all the Region can be considered a fruitful territory for young foreign jobseekers, who mainly have technical skills.
In Toscana si assiste ad un graduale ritorno alla normalità, dopo gli anni segnati dalla pandemia di SARS Covid 2. Le dinamiche osservate testimoniano come l’uscita dalla crisi sia avvenuta in modo più rapido ed intenso di quanto avvenuto in precedenti fasi recessive in virtù prevalentemente del segno espansivo delle politiche di bilancio nazionali e regionali. Il congelamento, nel corso della pandemia, di un volume di lavoro corrispondente a circa 94 mila lavoratori ha favorito, assieme al blocco dei licenziamenti, la tenuta complessiva dell’occupazione, rendendo al contempo più semplice e veloce il recupero delle posizioni lavorative. La Toscana ha oggi recuperato il livello occupazionale pre Covid 19 (+2 mila addetti alle dipendenze, su base annua, rispetto al 2019), sebbene le occasioni di lavoro create siano prevalentemente a termine.
Nel panorama nazionale, la nostra regione mostra più alti tassi di occupazione e minori tassi di disoccupazione, per quasi tutti gli strati socio-demografici della popolazione. Tuttavia, emergono alcune criticità di medio lungo periodo e tratti caratteristici della popolazione occupata.
La crescita dell’occupazione è stata da oltre un decennio - al netto della pandemia - inferiore al prodotto. La conseguenza è un mercato del lavoro, che gira a bassa intensità nel volume e nella redditività della forza lavoro utilizzata. Quello che si osserva, utilizzando i dati Inps, è che negli anni, anche in quelli della ripresa, prima dell’avvento del Covid 19, la crescita del monte salari era dovuta per il 90% a maggiore occupazione e per il 10% ad un aumento delle retribuzioni unitarie. Ma l’aumento dell’occupazione, a sua volta, era accompagnato da una consistente riduzione dell’orario di lavoro, tanto che circa il 6% della occupazione è sottoimpiegata. Il tratto di fondo del mercato del lavoro toscano, e in misura maggiore di quello italiano, è stata quindi la resilienza delle posizioni lavorative, al costo di una caduta dell’intensità del lavoro e della sua redditività.
Inoltre la Toscana deve fronteggiare una questione giovanile e di genere, oltre ad un obiettivo di innalzamento del contenuto di qualificazione del lavoro domandato.
Su 100 giovani under 30 che cercano lavoro in 6 non lo trovano; a ciò si aggiunge un 4% di scoraggiati, ovvero giovani che hanno smesso di cercare un’occupazione perché convinti di non trovarla. A queste due componenti si aggiunge la parte più debole rappresentata da coloro che il lavoro non lo cercano, né lo desiderano, sono quindi disimpegnati, o inattivi puri, e rappresentano circa il 6% dei giovani. Complessivamente il 16% dei giovani appartiene alla categoria dei Neet, ovvero ragazzi e ragazze che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in corsi di formazione. Due variabili incidono sulla quota dei Neet: gli abbandoni precoci dal circuito formativo e la quota di chi si laurea. Ovviamente la prima variabile alimenta la platea dei Neet, mentre la seconda la contiene (l’incidenza di essere Neet fra i laureati è molto bassa). La Toscana ha un tasso di abbandono precoce in linea con gli obiettivi europei, ma presenta un tasso di laureati inferiore alla media europea: i 25-34enni toscani in possesso di un titolo terziario sono il 28% contro il 40% in EU.
Relativamente alla questione di genere, è molto cresciuta negli anni l’occupazione femminile, ma il tasso occupazione delle donne è ancora oggi 14 punti percentuali inferiore a quello degli uomini. Questa differenza è particolarmente elevata (-22 punti percentuali), nella fascia di età tra 30 e 39 anni, che corrisponde al periodo delle scelte riproduttive, con un valore di 68% per le donne contro l’89% degli uomini. Inoltre, le donne scontano un problema di concentrazione in alcuni lavori, particolarmente di cura e servizi alle persone, mentre sono sottodimensionate nelle professioni, pubblica amministrazione a parte, a più alta remunerazione e possibilità di carriera.
L’ultima considerazione, più generale, riguarda il tipo di lavoro domandato dal sistema economico toscano. Prevalgono, come altrove in Italia, specie nei sistemi di piccola e media impresa e turistici, le professioni qualificate nei servizi (cuochi, camerieri, addetti alle vendite) e nella manifattura (operai e tecnici della produzione). Il 66% del volume di lavoro è fatto da professioni intermedie (impiegati, professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e conduttori di impianti), il 24% da professioni non qualificate ed il 10% da professioni elevate (dirigenti, professioni intellettuali e tecniche). Anche la Toscana è soggetta alle tendenze della polarizzazione del mercato del lavoro, in cui si ridimensionano le professioni intermedie, specie quelle più routinarie, e crescono quelle che si addensano agli estremi opposti della relativa distribuzione.
In un sistema produttivo come quello toscano, e per molti versi italiano, la sfida è favorire i processi di innovazione digitale e di upgrading delle competenze, coniugandole con la valorizzazione delle capacità manuali, la destrezza, la creatività ed originalità tipiche di molte professioni del made in Italy. Si tratta di tenere assieme le professioni e le competenze a bassa ed alta impronta tecnologica, immettendo alcuni tratti di innovazione accanto agli elementi di originalità, creatività, saper fare, ingegno ed intuito, propri del nostro Dna.
La fine della pandemia e la ripartenza, a cui stiamo assistendo, può determinare una potenziale ricollocazione dei lavoratori fra i settori, sostenuta anche dall’accelerazione dei processi di cambiamento tecnologico e di sostenibilità ambientale, incorporati anche negli indirizzi del PNRR, che richiedono competenze e professionalità nuove e da formare.
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IRPET – Istituto regionale per la programmazione Economica del Territorio | http://www.irpet.it/wp-content/uploads/2022/04/nota-congiunturale-7-2022-aprile.pdf |
Amministrazione regionale Toscana |
Nel mercato del lavoro il recupero delle posizioni lavorative perse durante la pandemia inizia a palesarsi in modo significativo dalla metà del mese di maggio 2021, in corrispondenza della fine delle restrizioni suo tempo introdotte per limitare il contagio pandemico. Il terzo e quarto trimestre segnano il ritorno del lavoro dipendente ai livelli pre-Covid: quasi +16 mila avviamenti negli ultimi sei mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo 2019 e + 10 mila addetti dipendenti. Il divergente andamento osservato nei due semestri sfavorevole nel primo e positivo nel secondo – ha determinato un saldo finale, su base annua, altrettanto divergente nel segno fra avviamenti (-53mila) ed addetti (+1.961) rilevati rispetto al 2019. La quota di contratti a tempo determinato che hanno avuto una o più proroghe è infatti sensibilmente aumentata, nel confronto con il 2019, sia nel primo semestre (dal 21% al 30%) che nel secondo semestre (dal 17% al 20 %). Questa apparente contraddizione trova spiegazione nell’allungamento della durata effettiva dei contratti a termine, in particolare in quelli del primo semestre (32 giorni in più rispetto alla durata media nello stesso periodo del 2019).
Osservando le variazioni degli addetti del 2021 sul 2019, per macro-settori, si nota come il risultato positivo sia stato determinato dalle costruzioni, la cui crescita occupazionale non si era arrestata neanche nel 2020 (+7mila) e dai settori pubblici. In particolare, quelli della istruzione (+8mila dipendenti) e della sanità +3mila).
Sono i servizi privati quelli che manifestano un significativo ritardo rispetto al livello che osservavamo nel 2019. In particolare nei servizi legati al turismo, che perdono 13mila addetti, e nel commercio al dettaglio, che registra una flessione di poco inferiore a 2.500 addetti. Una delle poche eccezioni positive è rappresentata dai servizi informatici che segnano una crescita di 7 punti percentuali. La manifattura, nel suo complesso, ha sanato nel 2021 la perdita occupazionale registrata nel 2020, sebbene gli andamenti siano difformi fra gruppi di settori. Da un lato, infatti, abbiamo i comparti del Made in Italy, con un numero di addetti ancora inferiore al livello pre Covid (-3,4%; -5mila addetti); dall’altro, i comparti della meccanica, della chimica e farmaceutica, che sopravanzano invece il livello pre pandemico di circa 5mila unità (+4,3%).
Il lungo periodo di emergenza Covid-19 ha definito uno scenario caratterizzato anche nella nostra regione, come nel resto del Paese, da una recessione di ampie dimensioni, con conseguenze rilevanti sul mercato del lavoro e sui redditi da lavoro, intrecciandosi e acuendo le contraddizioni già esistenti e amplificando le disparità sociali e territoriali. Le sfide da affrontare sono molteplici sotto vari punti di vista, tra le principali: contenere e tamponare le situazioni di disagio che esistono anche in questa regione, con particolare riferimento ai giovani e al loro complicato inserimento nel mercato del lavoro; ridurre le disparità di genere sostenendo la partecipazione femminile al lavoro sia in termini quantitativi (più donne occupate), sia qualitativi (occupazioni più stabili e carriere meno discontinue e frammentate, maggiore presenza nelle professioni apicali e non solo nei settori e nelle professioni iperfemminilizzate, con minori prospettive di carriera e peggio retribuite); ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, sostenendo la qualificazione e riqualificazione dei lavoratori, guardando ai settori strategici dell’economia regionale, alle vocazioni locali e ai fabbisogni professionali provenienti dai territori, ma accompagnando anche il sistema economico e produttivo sui temi dell'innovazione digitale, del verde e dell’economia circolare; superare le disparità territoriali che caratterizzano anche la Toscana con la presenza di importanti aree di crisi, in cui i problemi occupazionali non sono trascurabili anche per la popolazione adulta, e sostenere la coesione territoriale, per rilanciare uno sviluppo maggiormente equilibrato tra i territori della Toscana. La recessione degli ultimi due anni, infine, ha operato in modo asimmetrico i sistemi locali, colpendo duramente, settori e lavoratori, nel commercio, nel turismo internazionale, nelle attività legate al tempo libero, nei servizi di cura alla persona, che ancora scontano difficoltà nel ritorno ad una graduale situazione di normalità. Più in generale, però, al di là delle considerazioni di stampo congiunturale, la debolezza del ciclo economico, che è un problema nazionale, anche in Toscana ha negli anni indebolito il mercato del lavoro. Gli occupati sono cresciuti, nel tempo, ma prevalentemente a termine, a tempo ridotto e nei servizi meno qualificati. Il volume di lavoro è cresciuto significativamente meno del prodotto, determinando un quadro connotato da una forza lavoro sotto-utilizzata, che cresce soprattutto in settori a bassa dinamica salariale. Permane, inoltre, nel sistema un eccesso di offerta più alta di quanto non rivelino le statistiche ufficiali, che palesa un disaccoppiamento fra domanda ed offerta di competenze e profili professionali. In modo meno pronunciato che nel resto d’Italia, anche la Toscana mostra tratti tipici di un sistema a bassa crescita, in cui la parte vitale (le imprese che esportano, i lavori qualificati, i settori avanzati) che mostra performances analoghe a quelle che si registrano nelle realtà avanzate, come ad esempio in Germania, è sottodimensionata rispetto al resto del corpo meno vitale. Naturalmente le politiche attive del lavoro e della formazione possono intervenire a mitigare criticità e problematicità, che si osservano nei territori e nella popolazione, e a supportare i processi di ripresa sul piano sociale, oltre che individuale.
Nel corso del 2022 in Umbria si rileva una flessione dell’occupazione (-1.951 unità; 0,6% rispetto al 2021). Nel 2020 l’Umbria aveva registrato una minore contrazione occupazionale rispetto alle aree geografiche prese come benchmark (-2,8% contro il 3% del Centro e il -3,1% dell’intero Paese). Una “resilienza” confermata, nel 2021, dal maggiore incremento dell’occupazione (+1,7% rispetto al +0,4% del Centro e al +0,8% in Italia).
Nel 2022 si registra un rallentamento delle performance occupazionali e la contrazione nel periodo 2019-2022 è di circa 6mila unità (-1,7% contro un esiguo incremento registrato nel Centro, +0,4%, e la sostanziale stabilità dell’occupazione nazionale).
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Umbria in Cifre | Mercato del lavoro in Umbria (2019-2022) – Umbria in cifre (regione.umbria.it) |
Ecelsior Union camere | |
AUR |
Lavoratori previsti in entrata per grande gruppo professionale
TOTALE 61.670 100,0
Dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici 9.380
1 Dirigenti 120
2 Professioni intellettuali, scientifiche e con elevata specializzazione 2.810
3 Professioni tecniche 6.450
Impiegati, professioni commerciali e nei servizi 22.900
4 Impiegati 4.220
5 Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi 18.680
Operai specializzati e conduttori di impianti e macchine 21.130
6 Operai specializzati 10.120
7 Conduttori di impianti e operai di macchinari fissi e mobili 11.010
Professioni non qualificate 8.260
Il calo dell’occupazione umbra nel corso del 2022 ha riguardato:
- sia la componente maschile sia quella femminile (la riduzione è del tutto analoga);
- gli occupati tra 25 e 49 anni (è, invece, aumentata l’occupazione tra i giovanissimi, 15-24 anni, e nella fascia più matura, 50-64 anni);
- coloro che non possiedono alcun titolo di studio ovvero che hanno tutt’al più licenza elementare o media (-6,4% rispetto al dato del 2021);
- i lavoratori del comparto delle costruzioni (-16,5%) e, in misura minore, quelli di altre attività dei servizi (-1,5%);
- gli indipendenti (-3,7%). Tra i lavoratori dipendenti (che aumentano dello 0,5%), si contraggono i tempi indeterminati (-0,8%) mentre crescono gli occupati con contratto a termine (+6,6%);
- gli occupati con contratto di lavoro part time (-6,2%).
► Si accentua, nel 2022, il miglioramento del mercato del lavoro regionale avviatosi dopo la pandemia: per le Marche tale evoluzione si traduce in un forte aumento dell’occupazione (+3,7%) e in una contestuale riduzione dei disoccupati che risultano in calo del 10,8%. L’espansione della partecipazione (+2,7% la forza lavoro tra 15 e 89 anni) si alimenta dal bacino dell’inattività (-7,9% tra i 15 – 64enni) ma è frenata da dinamiche demografiche declinanti: la popolazione di 15 anni e oltre si riduce, infatti, di 6.259 unità (-0,5%): da 1.308.769 scende 1.302.510 residenti di cui 629.897 maschi e 672.613 femmine.
● I nuovi equilibri tra domanda e offerta di lavoro trovano riflesso nel miglioramento dei principali indicatori di sintesi: il tasso di attività (la partecipazione al mercato del lavoro) passa dal 69,2% del 2021 al 71,4% del 2022; il tasso di occupazione sale dal 64,1% al 66,8%; il tasso di disoccupazione si riduce di 0,9 punti percentuali (da 7,1% a 6,2%); il tasso di inattività scende dal 30,8% al 28,6%.
● La ripresa dell’occupazione marchigiana, trainata dalla componente maschile nel 2021 (+1,5% a fronte di una stagnazione di quella femminile), nel 2022 vede protagoniste le donne che registrano incrementi più accentuati, rispetto agli uomini, sia per la partecipazione (+4,7% vs +1,1%) che per l’occupazione (+5,7% e +2,1% rispettivamente).
● In termini settoriali, la crescita occupazionale delle Marche nel 2022, non si concentra più nei servizi come è avvenuto nel 2021 (era +4,7%, con oltre 17.600 occupati in più): si deve invece all’industria in senso stretto che registra oltre 12mila occupati in più rispetto all’anno precedente (+7,1%) e alle costruzioni (+5.106 occupati pari a +16,3%). Aumenta anche l’occupazione in agricoltura (+1.878 unità). Il terziario, nel suo complesso, cresce solo dello 0,9% (3.703 occupati in più) e ciò si deve alla crisi del commercio in cui si perdono quasi 4mila posti di lavoro.
● Tra le aree provinciali delle Marche, la ripresa occupazionale, tra 2021 e 2022, è assai più marcata per la provincia di Ascoli Piceno (+8,7%) e poi per quella di Macerata (+4,6%). E’ comunque rilevante per la provincia di Pesaro e Urbino (+3,1%) e in quella di Ancona (+2,3%). Risulta più moderata nella provincia di Fermo (+1,7%). La composizione territoriale dell’occupazione regionale è così articolata: Pesaro e Urbino 24,7%, Ancona 31,1%, Macerata 19,8%, Ascoli Piceno 13,5%, Fermo: 11,2%.
► Nel 2022 le imprese attive nelle Marche sono 140.066 e registrano una riduzione del 3,9% rispetto all’anno precedente.
● Le società di capitale ammontano a 33.642 unità e rappresentano il 24,0% dello stock complessivo. Le società di persone sono 23.137 (16,5%); le ditte individuali, in gran parte artigiane, rappresantano la forma d’impresa più diffusa (80.516 unità con una quota pari al 57,5%) mentre le altre forme, in prevalenza appartenti al settore della cooperazione, sono poco meno di 3mila.
● Sotto il profilo settoriale prevalgono le attività del terziario con 79.281 imprese; la sua diffusione, tuttavia, è considerevolemnte più contenuta di quella rilevata a livello nazionale (56,6% e 61,9%). I tre settori numericamente più importanti sono il commercio (31.750 imprese tra dettaglio, ingrosso e riparazione di veicoli), i Servizi di ristorazione (8.173) e le Attività immobiliari (7.610). Nelle coltivazioni agricole e produzione di prodotti di animali le imprese attive sono 22.992; seguono, in ordine di numerosità, le imprese operanti nell’edilizia che superano di poco quelle dell’industria in senso stretto (rispettivamente 18.713 e 18.137 unità). Tra queste ultime si evidenziano: la Fabbricazione di articoli in pelle (2.908), la Fabbricazione di prodotti in metallo (2.468) e le Industrie alimentari (1.615).
► Nel 2022 le imprese localizzate sul territorio regionale hanno effettuato 339.656 assunzioni con una crescita del 9,0% rispetto al 2012.
● Tra I settori più attivi sul mercato del lavoro troviamo i Servizi alle imprese con 57.868 assunzioni, la Ristorazione (51.174) e la componente residuale del terziario (42.194). Nell’istruzione le assunzioni sono state 38.636, nelle attività del primario 21.846, nel commercio 20.378. Tra le manifatture si riscontra maggiore dinamicità nelle Pelli e calzature (6.005), nella Fabbricazione di prodotti in metallo (6.000) e nelle Industrie alimentari (5.970).
● Il titolio di studio più richiesto è il diploma di istruzione secondaria superiore, che permette l'accesso all'università (poco meno di 109mila assunzioni nel 2022); le assunzioni di lavoratori in possesso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) sono circa 32mila.
● Tra le professioni maggiormente ricercate dalle imprese e oggetto di assunzione nell’anno 2022 vi sono quelle nelle Attività ricettive e della ristorazione (59.107 avviamenti), quelle Non qualificate nel commercio e nei servizi (42.937) e quelle Specialistiche della formazione e della ricerca (29.209).
Di seguito si riporta l’elenco delle prime 30 imprese marchigiane per ricavi al 2021, fornita dalla Fondazione Merloni.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Istat | |
Osservatorio Mercato del Lavoro Regione Marche | https://www.regione.marche.it/Entra-in-Regione/Osservatorio-mercato-del… |
Infocamere - Movimprese | |
Sistema Informativo Lavoro Regione Marche | https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Lavoro-e-Formazione-Profess… |
Fondazione Merloni | |
Sistema Informativo Excelsior - Unioncamere | https://www.unioncamere.gov.it/sistema-camerale/iniziative/sistema-info… |
Inps |
► Nei primi cinque mesi del 2023, secondo il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere- Anpal, nelle Marche è aumentata la quota delle imprese che prevedono nuove assunzioni e sono in decisa crescita anche le entrate al lavoro complessivamente previste. L’espansione della domanda di Lavoro si concentra nelle manifatture e nelle costruzioni ma risulta sostenuta anche per i servizi. Le imprese marchigiane che vorrebbero assumere spesso, però, non trovano i lavoratori con i profili giusti per le loro esigenze.
● Nel mese di maggio 2023, ad esempio, questo mismatch è previsto nel 48% dei casi. Per questo stesso mese l’11% delle assunzioni sarà destinato a dirigenti, specialisti e tecnici (17% in Italia); nel 35% dei casi interesseranno giovani con meno di 30 anni e, per una quota pari al 16%, le imprese prevedono di assumere personale immigrato. In riferimento alle tipologie contrattuali, il 19% dei nuovi ingressi saranno stabili, ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato; per il restante 81% saranno a termine, ossia a tempo determinato o con contratti aventi durata prestabilita.
● Estendendo l’orizzonte previsionale al trimestre maggio – luglio 2023, in base alla fonte Unioncamere – Anpal, Sistema informative Excelsior, le assunzioni previste dalle imprese saranno 44.560, in leggera flessione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Di queste, 14.920 avranno luogo nell’industria (11.740 in quella manifatturiera e nelle Public utilities, 3.180 nelle costruzioni) e 29.640 nel terziario (commercio 4.890, servizi di alloggio, ristorazione e turistici 13.530, servizi alle imprese 5.630, servizi alle persone 5.580). La maggiore parte di queste assunzioni sarà effettuata da imprese con meno di 50 dipendenti (33.520); nelle imprese di medie dimensioni (50 – 249 dipendenti) I probabili ingressi saranno poco meno di 7mila mentre in quelle con oltre 250 dipendenti la prevista domanda di lavoro si assesterà intorno alle 4mila unità.
► Nelle Marche il numero dei disoccupati si attesta, secondo la media Istat 2022, a 42.036 unità: tale valore risulta in calo del 10,8% rispetto all’anno precedente.
● La distribuzione delle persone in cerca di lavoro sul territorio regionale ne rileva 8.186 nella provincia di Pesaro e Urbino (19,5% sul totale regionale), 16.399 in quella di Ancona (39,0%), 8.155 in quella di Macerata (19,4%), 6.156 in quella di Ascoli Piceno (14,6%) e 3.141 in quella di Fermo (7,5%).
● Al 30 giugno 2022, i cittadini iscritti alle liste di “disoccupazione amministrativa” dei Centri per l’Impiego (ossia individui che hanno rilasciato dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro) sono 86.021; fra questi vi sono 5.894 aderenti al programma Garanzia Giovani, 36.538 percettori di NASpI e 8.099 con Reddito di cittadinanza. Il totale regionale è ripartito territorialmente in base alle seguenti percentuali: Pesaro e Urbino 21,4%, Ancona 28,9%, Macerata 19,8%, Ascoli Piceno 17,2%, Fermo 12,7%.
● In base ai dati di fonte Inps, nel corso del 2022, i settori che hanno fatto maggior ricorso alla cassa integrazione guadagni e che potrebbero avere difficoltà a mantenere inalterati gli organici sono stati quelli della Produzione di machine, macchinari e apparecchiature, della Metallurgia e prodotti in metallo, delle Pelli e calzature e del Legno mobile. Le ore di cassa integrazione guadagni richieste dal terziario sono appena l’8,3% del totale complessivo; il commercio risulta il settore più interessato.
● Secondo le indicazioni del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere- Anpal i settori che nel 2022 hanno avuto maggiori difficoltà nel reperimento del personale sono stati quelli quelli delle Industrie tessili, dell’abbigliamento e calzature, dell’Industria del legno e del mobile, delle Industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo, della Fabbricazione di macchine, macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto. Nel terziario tale situazione si ricontra più frequentemente nei Servizi informatici e delle telecomunicazioni, nei Servizi avanzati di supporto alle imprese, nei Servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio e nella Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati.
La superficie del Lazio è pari a 17. 242 km², il numero degli abitanti è 5. 710. 811 (28 02 2022) e la densità è pari 331,22 ab./km².
L’attuale contesto socio-economico è caratterizzato da almeno tre grandi transizioni già in atto e in sinergia tra loro che influenzeranno profondamente la società sotto diversi aspetti e, soprattutto, la struttura occupazionale nel prossimo futuro:
Transizione digitale, i cui effetti impatteranno lungo il cosiddetto «margine estensivo» che opera attraverso la distruzione di alcune occupazioni e la creazione di nuovi lavori ed il cosiddetto «margine intensivo» che opera attraverso il cambiamento delle competenze necessarie nelle professioni.
Transizione ambientale, costituita da una strategia di crescita basata su inclusione e innovazione in cui si prefissano ambiziosi obiettivi «verdi» favorendo lo sviluppo di opportunità occupazionali per tutte quelle attività legate alle tecnologie rinnovabili
Transizione demografica basata sui processi demografici, primo fra tutti l’invecchiamento della popolazione, fattore oramai distintivo delle economie avanzate (e non) con il duplice effetto di modificare la composizione per età della forza lavoro (sempre più multigenerazionale) e di cambiare i modelli di consumo e di spesa, con un peso sempre maggiore della cosiddetta «silver economy»
Queste transizioni comporteranno un rilevante cambiamento delle skill e delle competenze richieste sul mercato del lavoro. Le competenze trasversali (skill cognitive, sociali, ecc.) diverranno sempre più importanti ed affiancheranno le competenze tecniche; allo stesso tempo le competenze specifiche legate alle transizioni sopra citate diverranno sempre più pervasive e centrali, buona parte delle occupazioni del futuro saranno intensive di competenze digitali e/o green e dovranno avere maggiore attenzione alle tematiche demografiche.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025 | https://excelsior.unioncamere.net/images/pubblicazioni2021/report-previsivo-2021-25.pdfRL |
Si prevede un fabbisogno occupazionale complessivo compreso tra 4,1 e 4,5 milioni di lavoratori.
Del fabbisogno occupazionale complessivo 1,3-1,7 milioni di unità sarà determinata dalla componente di crescita economica (expansion demand): il fabbisogno occupazionale dovuto per sostituzione del personale in uscita per naturale turnover (replacement demand) supererà 2,8 milioni di unità.
Si stima che dirigenti, professioni specialistiche e tecniche, rappresenteranno quasi il 40% del totale del fabbisogno. Le competenze green saranno sempre più pervasive: si stima che tra il 2022 e il 2026 le imprese e il comparto pubblico richiederanno il possesso di attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale a 2,4-2,6 milioni di occupati, e per il 60% di questi tale competenza sarà necessaria con importanza elevata;
Le competenze green saranno sempre più pervasive: si stima che tra il 2022 e il 2026 le imprese e il comparto pubblico richiederanno il possesso di attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale a 2,4-2,6 milioni di occupati, e per il 60% di questi tale competenza sarà necessaria con importanza elevata;
Il confronto tra domanda e offerta di neolaureati mostra per il quinquennio potenziali situazioni di carenza nell’offerta nel campo medico-sanitario, nei diversi ambiti STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e per l’area economica;
Le figure professionali più difficilmente reperibili:
La maggior parte rientra nei profili di operai specializzati in ambito industriale e servizi: qui il mismatch supera il 50% e può arrivare ai 2/3 delle richieste
Alta richiesta inevasa di profili connessi all’automazione dei processi, servizi digitali e di supporto alle imprese (soprattutto nel manifatturiero)
75% di difficoltà di reperimento per alcune professioni tecniche (elettrotecnici) e 60% per analisti e progettisti di software
2/3 vanno vacanti proprio per mancanza di candidati. Si tratta soprattutto dei profili tecnici, mentre per gli operai specializzati pesa anche il livello di preparazione, che le imprese giudicano inadeguato
-> importante allora investire negli Istituti Tecnici Superiori (ITS), finanziati ora anche dal PNRR
Sempre considerando le quote (assunti/entrate previste) la difficoltà di reperimento si è intensificata
Considerando i numeri assoluti dei reperimenti, quelli più difficili riguardano figure con abilità manuali (camerieri, cuochi, commessi, conduttori di mezzi pesanti e camion, addetti alla pulizia di uffici, muratori)
“Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025)”
A Gennaio 2022, rispetto al mese precedente, il numero di occupati è sostanzialmente stabile, i disoccupati diminuiscono e aumentano gli inattivi.
La stabilità dell’occupazione deriva della crescita del numero di occupati tra gli uomini, i dipendenti permanenti, gli under25 e gli ultracinquantenni e del calo tra le donne, i dipendenti a termine e gli appartenenti alle classi d’età intermedie. Il tasso di occupazione è stabile al 59,2%.
La diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro si osserva tra gli uomini e per tutte le classi d’età, con l’unica eccezione dei 35-49enni. Il tasso di disoccupazione scende all’8,8% nel complesso e al 25,3% tra i giovani .
La crescita del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,6%, pari a +74mila unità) è frutto dell’aumento osservato tra le donne e tra chi ha meno di 50 anni. Il tasso di inattività sale al 35,0% (+0,2 punti).
Confrontando il trimestre novembre 2021-gennaio 2022 con quello precedente (agosto-ottobre 2021), il livello di occupazione è più elevato dello 0,5%, corrispondente a 120mila occupati in più.
La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione del numero di persone in cerca di occupazione (-1,8%, pari a -41mila unità) e di quello degli inattivi (-1,4%, pari a -188mila unità).
Il numero di occupati a gennaio 2022 è superiore a quello di gennaio 2021 del 3,3% (+729mila unità). Tale aumento si osserva per uomini e donne, per qualsiasi classe d’età e posizione professionale. Il tasso di occupazione è più elevato di 2,4 punti percentuali.
Rispetto a gennaio 2021, diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-12,9%, pari a -326mila unità), sia l’ammontare degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-5,0%, pari a -684mila).
Secondo l’analisi del CRESA – Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia – dei dati Istat, il mercato del lavoro regionale mostra netti segni di peggioramento. Rispetto alla fine del 2019 (anno pre-pandemico) nel terzo trimestre 2022 le forze di lavoro abruzzesi diminuiscono di 34,7 mila unità pari ad un calo del -6,3% quadruplo rispetto al Centro-Nord (-1,5%) e di un terzo superiore al Mezzogiorno (-4,2%) (Italia: -2,3%). Tale contrazione è determinata da una flessione di 21,3 mila occupati che corrisponde al -4,3% (Italia: +0,1%; Centro-Nord: 0,0%; Mezzogiorno: +0,3%) e di 13,5 mila persone in cerca di occupazione equivalente al -21,8%, inferiore al -24,1% medio nazionale, al -23,1% centro-settentrionale e -25,1% meridionale. La riduzione del numero di lavoratori, in particolare, è il risultato di una diminuzione di 6,3 mila dipendenti pari al -6,3% e di aumento di 2,2 mila indipendenti.
Il terzo trimestre 2022 si rileva, nel confronto con i valori nazionali e con quelli del Sud e Isole, sia sul fronte delle forze di lavoro sia su quello degli occupati, flessioni più pesanti nel 2020 e nel primo trimestre 2021, seguite da maggiori riprese nei tre trimestri successivi, periodo alla fine del quale le forze di lavoro e gli occupati regionali nel complesso hanno ripreso a diminuire in misura consistente. Il 2022 è caratterizzato da una crescita in contro tendenza con il Centro-Nord e del Meridione del numero di persone in cerca di occupazione, accrescimento pressoché annullato dal nuovo crollo verificatosi tra luglio e settembre. Gli inattivi riportano un aumento superiore alla media nazionale e delle ripartizioni territoriali fino a marzo 2021, mostrano una maggiore flessione nel secondo trimestre di quell’anno e nel complesso tornano ad aumentare maggiormente fino a settembre 2022. Il tasso di attività regionale, che alla fine del 2019 era quasi allineato a quello Italiano (56,8% contro 57,2%), nonostante il recupero del periodo apriledicembre 2021, a fine settembre 2022 è inferiore rispetto ad esso di -2,7 p.p (da 56,8% a 54,2%) con un arretramento peggiore di quello delle regioni meridionali e insulari, settentrionali e centrali. Al contrario di quanto si osserva altrove, anche il tasso di occupazione, che nel 2019 era più basso di poco più di un punto percentuale rispetto alla media nazionale, pur rimanendo superiore al valore del Mezzogiorno, decresce (da 50,5% a 49,1%) e aumenta in tal modo a proprio svantaggio il divario rispetto all’Italia.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Banca d’Italia – L’economia dell’Abruzzo | https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2022/2022-0035/2235-abruzzo.pdf |
Statistica Regione Abruzzo
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Selfi - Sviluppo Economico Lavoro Formazione Istruzione Regione Abruzzo | |
Agenzia per lo Sviluppo – C.C. del Gran Sasso d’ Italia - Cresa Abruzzo | |
Programma GOL – Piano attuativo regionale |
Nei primi tre trimestri del 2021 si registra un incremento delle attivazioni dell’11% rispetto al corrispondente periodo del 2020. Il settore economico predominante è quello Alberghi e ristoranti che rappresenta, sia nel 2020 che nel 2021, il 21% dei rapporti di lavoro attivati. Gli altri settori che concorrono con quote significative sono Agricoltura, silvicoltura e pesca (14% nel 2020 e 12% nel 2021), e Altri servizi collettivi e personali (13% nel 2020 e 12% nel 2021).
Con riferimento alle variazioni delle attivazioni, nel periodo di osservazione si segnala, tra i settori più significativi, un marcato incremento dei rapporti di lavoro nel settore Istruzione, sanità ed altri servizi sociali (+32%) e in quello relativo a Attività immobiliari, servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali (+25%).
In Abruzzo, nel IV trimestre 2021 i disoccupati ammontavano a 45 mila unità e nel IV trimestre 2022 diventano 44 mila, registrando un decremento di 1.000 unità. Nel 2022 i disoccupati abruzzesi hanno registrato un decremento del 3,3%. Il decremento posiziona l’Abruzzo al 13° posto della graduatoria nazionale.
Durante il primo semestre 2022 l’Abruzzo accumula una crescita di ben 14 mila disoccupati, che recupera nel secondo trimestre attestandosi a fine anno a una flessione di 1.000 unità.
Il tasso di disoccupazione, in Abruzzo, nel IV trimestre 2021, è stato dell’8,3%, dato inferiore a quello italiano che ha segnato il 9,2%. Nel IV trimestre 2022 il tasso di disoccupazione abruzzese ha tuttavia registrato un decremento, arrivando all’8,2%, valore quest’ultimo superiore a quello italiano delll’8,1%.
Nel corso del 2021 il recupero delle attività produttive e la prosecuzione delle misure a sostegno dell’occupazione si sono accompagnate, soprattutto dal secondo trimestre, a un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, che hanno riguardato il Molise come il resto del Mezzogiorno. Secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (RFL) dell’Istat, disponibili a livello nazionale e di ripartizione, nel primo semestre del 2021 l’occupazione media del Mezzogiorno è cresciuta dello 0,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-0,8 in Italia), pur rimanendo di 2,8 punti percentuali al di sotto del corrispondente valore del 2019 (fig. 3.1.a). Anche la partecipazione al mercato del Lavoro in Molise è tornata a crescere, con un incremento del 12,6 per cento delle persone in cerca di occupazione; ne è conseguito un più elevato tasso di disoccupazione, analogamente al resto del Paese.
Nella regione Molise, che ha una popolazione complessiva registrata al dicembre 2021 di n. 294.294 abitanti, sono presenti due province, Campobasso ed Isernia e n. 3 Centri per l’Impiego, Campobasso, Termoli ed Isernia, ed un tasso di occupazione e disoccupazione con ultima rilevazione all’anno 2020 (Fonte Istat), così distribuita:
- Provincia di Campobasso: tasso occupazione: 48,8% tasso disoccupaziomne 13,3%
- Provincia di Isernia: tasso occupazione: 60,3% tasso disoccupaziomne 7,9%
Nella Provincia di Campobasso sono presenti aziende nel settore industria e manifatturiero, commercio e servizi, si distinguono nel settore industria: il Pastificio La Molisana spa (Campobasso) e la Fater spa, settore chimico, con sede operativa a Campochiario (CB), La Team system, settore servizi alle imprese, nella zona industriale di Campobasso .
Per la zona di Termoli, (CB) è presente lo stabilimento Fiat e le aziende dell’indotto meccanica, la Momentives spa, per il settore plastica ed altre aziende delocalizzate nel settore metalmeccanico Nella Provincia di Isernia ,nel Nucleo Industriale operano anche la Sata spa, Gruppo SATA componentistica, Unilever, settore chimico. Nel settore servizi e sanità si distingue la Neuromed, settore ospedaliero e ricerca.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Unioncamere | |
Banca d’italia- economie regionali | https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali |
ISTAT |
In linea con il clima di ripresa economica dell’anno 2021, considerando anche il settore di piccole e medie imprese operanti nel settore servizi alle imprese e alla persona, manifatturiero e costruzioni è atteso un incremento dei fabbisogni occupazionali da parte del sistema imprenditoriale regionale Le imprese con dipendenti della industria e dei servizi hanno ripreso ad assumere lavoratori ormai al livello di pre-pandemia, dopo una significativa flessione nel 2020.. Una rapida ripresa accompagnata anche da un aumento delle difficoltà delle imprese nel reperire i profili professionali ricercati, che interessano quasi un terzo delle entrate previste e che possono essere attribuite anche a un crescente livello di esperienza e specializzazione richiesto ai candidati. I maggiori problemi di reperimento interesseranno principalmente i profili specializzati: dirigenti e specialisti con conoscenze approfondite anche di carattere scientifico (circa il 40% sarà difficile da reperire) e soprattutto operai specializzati (46%). Per le aree: Aree Direzione e Servizi generali Aree amministrative, Aree tecniche e della progettazione, Area produzione di beni ed erogazione del servizio, Aree commerciali e della vendita e Aree della logistica.
La maggior parte dei posti disponibili si riscontra nei settori dei Servizi e dell’industria e della logistica, Tra i comparti dei servizi alle imprese, si rileva una richiesta di profili di livello di istruzione medio alti, quali contabili, informatici, ingegneri. Pmanutentori elettrrer il settore industraile sono richiesti profili di operaio alla linea e manutentori meccanici ed elettrici, con diploma tecnico e nel settore logistica autisti con patenti dalla C. Per quanto attiene ai servizi alla persona, si registra una domanda del lavoro afferente ai profili professionali di personale ausiliario, operatori socio sanitari, infermieri, soprattutto in considerazione dell’emergenza pandemica e dell’aumento di malattie dovute alle conseguenze del Long Covid – 19 e e non autosufficienti.
Nell’anno 2021, per l’effetto dell’emergenza pandemica e della contrazione delle partenze turistiche verso altri stati o mete internazionali, in Regione si è registrazione un boom di presenze estive, per cui si è verificato un aumento delle richieste nel settore del turismo e della ristorazionenon solo a carattere stagionale. Si registrano richieste di personale per baristi, commesso di banco, cuochi, aiuto cuochi, camerieri di sala e bar, anche a fronte di un aumento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
L’attività del settore terziario continua a registrare richieste di profili con titoli di studio medio alti a cui si associano competenze linguistiche ed informatiche.
Costruzioni: Il settore delle costruzioni ha recuperato il drastico calo dell’attività registrato nella prima metà dello scorso anno. Secondo i dati forniti dalle casse edili molisane, nei primi mesi del 2021 il numero delle ore lavorate in regione si è portato su livelli nettamente superiori anche a quelli rilevati prima della pandemia (fig. 2.3.a); nell’insieme dei primi otto mesi dell’anno 2021 la crescita delle ore è stata di oltre il 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 e di quasi il 50 per cento nel confronto con il 2020. La crescita dell’attività, che nelle previsioni degli imprenditori dovrebbe proseguire anche il prossimo anno, ha riguardato sia il comparto delle opere pubbliche sia quello dell’edilizia residenziale. Su quest’ultimo hanno influito positivamente anche gli incentivi fiscali previsti dal Superbonus introdotto dal DL 34/2020 (decreto “rilancio”) per il miglioramento dell’efficienza energetica e antisismica degli edifici, con richieste di personale specialistico (principalmente autisti di macchine movimento terra, elettricisti di cantiere, carpentieri e muratori specializzati, idraulici).
Sanità : la presenza di tre Università che organizzano corsi di laurea nelle professioni sanitarie comportano la presenza di personale qualificato disponibile al collocamento non solo in ambito locale.
Altri settori: impiegati amministrativi (contabili); commessi di vendita e addetti al commercio; magazzinieri.
Nel IV trimestre del 2022 gli occupati del mercato del Lavoro della Campania sono risultati 1.640.000, con un incremento di 27.000 unità rispetto al trimestre precedente.
Di tutti gli occupati nel IV trimestre 2022 il 23.2% sono stati lavoratori autonomi, mentre il 76.8% lavoratori dipendenti; inoltre, l’83.6% ha lavorato a tempo pieno e il 16.4% a tempo parziale.
Il 51,65% degli occupati nel 2022 ha lavorato nel settore dei servizi (istruzione, sanità, servizi sociali, attività finanziarie, assicurative e dei servizi alle imprese, pubblica amministrazione e Difesa, etc.), il 14,45% nell’industria, il 7,13% nelle costruzioni, il 3,84% nell’ Agricoltura Silvicoltura e Pesca, il 22.93% nel settore Commercio Alberghi e Ristoranti.
Gli occupati sono stati in prevalenza i diplomati (42%), seguiti da personale non qualificato con bassa scolarizzazione (33%) e poi da personale con laurea o titolo post-laurea (25%).
I disoccupati (352.000) nel IV trimestre 2022 sono risultati in aumento rispetto al trimestre precedente di 13.000 unità. Il tasso di disoccupazione del 2022 è stato del 17,4%.
Le indagini previsionali del Sistema Informativo per l’Occupazione e la Formazione (Unioncamere – Progetto Excelsior), riportano, finalmente dopo il duro impatto senza precedenti sull’economia italiana, una significativa ripresa: il settore del turismo, uno dei settori prevalenti in regione Campania, colpito gravemente dalla crisi dovuta alla pandemia, infatti, riporta un trend positivo del 15% rispetto allo scorso anno 2022, anche il settore delle costruzioni, dei servizi alle imprese e alle persone riportano trend positivi rispetto allo scorso anno; il settore del commercio, invece, registra un trend negativo del 20% rispetto al 2022.
Alla luce di tale indagine si prevede che nel periodo aprile - giugno 2023 saranno programmate circa 133.980 entrate/assunzioni.
I settori in cui sono previste le entrate maggiori sono:
- Servizi di alloggio e ristorazione; servizi turistici (28.140),
- Commercio (12.030)
- Costruzioni (16.380)
- Servizi alle persone (28.900)
- Servizi alle imprese (26.150)
- Industria manifatturiera e Public utilities (22.380)
Il maggior numero di assunti avrà un contratto a tempo determinato (61%), il 20% avrà un contratto a tempo indeterminato, mentre il 3 % sarà assunto con contratto di somministrazione, il 2% effettuerà prestazioni di collaborazione, l’8% lavorerà come lavoratore autonomo e il 4% con contratto di apprendistato.
In dettaglio si osserva che le professioni più ricercate ad aprile 2023, per le quali le imprese richiedono una precedente esperienza nel settore o nella professione, sono:
Professione | Assunzioni previste |
Esercenti e addetti nelle attività di ristorazione | 7.270 |
Conduttori di mezzi di trasporto | 3.350 |
Personale non qualificato nei servizi di pulizia | 2.840 |
Addetti alle vendite | 2.820 |
Operai specializzati addetti alle costruzioni e mantenimento di strutture edili | 2.090 |
Personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci | 1.700 |
Addetti all’accoglienza e all’informazione della clientela | 1.570 |
In regione Campania, nel complesso le assunzioni:
- si concentreranno per l'81 % nel settore dei servizi, per il 74% nelle imprese con meno di 50 dipendenti;
- per il 21 % saranno destinate a dirigenti, specialisti e tecnici, quota superiore alla media nazionale (20%);
- per 41 casi su 100 saranno inevase per mancanza di profili desiderati;
- per una quota pari al 30% interesseranno giovani con meno di 30 anni;
- riguarderanno per il 16% personale laureato;
- per una quota pari al 21% riguarderanno personale immigrato;
- per le tre figure professionali più richieste concentreranno il 59% delle entrate complessive previste;
- riguarderanno per una quota pari al 73% delle entrate il possesso di esperienza professionale specifica o nello stesso settore;
- saranno pari al 13% del totale imprese.
Fonti |
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Unioncamere . ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, | http://excelsior.unioncamere.net |
ISTAT |
Dati economici e crescita
Nei primi nove mesi del 2022 l’economia pugliese ha continuato a crescere intensamente, completando il recupero dei livelli produttivi persi a causa della pandemia. Secondo quanto stimato dall’indicatore trimestrale delle economie regionali (ITER) della Banca d’Italia nel primo semestre del 2022 l’attività economica sarebbe cresciuta del 5,6 per cento rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. Secondo le imprese intervistate nel sondaggio della Banca d’Italia il settore industriale ha registrato un ulteriore aumento delle vendite interne ed estere, nonostante le difficoltà connesse con l’aumento dei costi degli input energetici e le perduranti tensioni nelle catene di approvvigionamento, manifestatesi attraverso aumenti nei costi di produzione e ritardi o indisponibilità nelle forniture La crescita è proseguita anche nel settore delle costruzioni, trainata soprattutto dall’edilizia privata, che ha continuato a beneficiare degli incentivi fiscali per la riqualificazione degli edifici. L’aumento dell’attività si è accompagnato a un incremento delle transazioni e dei prezzi delle abitazioni. Alla dinamica positiva del settore ha contribuito anche il comparto delle opere pubbliche. La crescita del settore dei servizi ha beneficiato dell’andamento positivo del turismo.
I casi di crescita del fatturato sono risultati prevalenti in tutti i principali comparti, in particolar modo nel tessile e abbigliamento e in quello metalmeccanico.
Un significativo contributo alla crescita del settore dei servizi è derivato dal turismo. Secondo i dati provvisori, disponibili per il periodo da giugno ad agosto del 2022, diffusi dall’Osservatorio turistico regionale, i flussi turistici verso la Puglia sono stati pari a 2,2 milioni di arrivi e 10,2 milioni di presenze, in crescita rispettivamente del 5,0 e del 9,0 per cento circa rispetto al corrispondente trimestre del 2021; con riferimento allo stesso periodo del 2019 l’aumento è stato del 4,0 e del 3,0 per cento circa.
Nel primo semestre del 2022 le esportazioni a prezzi correnti della Puglia hanno registrato un incremento del 24,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un dato sensibilmente più elevato rispetto a quello del 2021L’incremento del valore delle vendite all’estero è stato diffuso tra i principali settori ed è stato particolarmente sostenuto nel comparto agroalimentare, siderurgico, degli apparecchi elettrici, mobili, calzature, tessile e abbigliamento.
Il mercato del lavoro
La crescita del mercato del lavoro pugliese è proseguita nel primo semestre del 2022. Il numero di occupati ha superato i livelli precedenti la crisi pandemica, mentre il ricorso agli strumenti di integrazione salariale, seppur in diminuzione, rimane elevato nel confronto storico.
Secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (RFL) dell’Istat, nella media del primo semestre l’occupazione è cresciuta del 6,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in misura più intensa rispetto al Mezzogiorno e alla media italiana
L’incremento ha riguardato tutti i principali settori economici e in particolare quelli delle costruzioni, dei servizi turistici (alberghi e ristoranti) e del commercio. A differenza di quanto avvenuto nella media italiana, anche l’occupazione agricola ha continuato a crescere (tav. a3.1). La dinamica positiva ha interessato sia la componente maschile (7,0 per cento) sia quella femminile (4,6 per cento). Il lavoro autonomo, che era stato più penalizzato dalla crisi pandemica, è cresciuto in maniera più intensa rispetto a quello alle dipendenze
Il saldo tra assunzioni e cessazioni è stato positivo sia per i rapporti a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato. Questi ultimi nel confronto con i primi otto mesi del 2021 sono risultati in aumento anche per effetto delle trasformazioni di contratti a termine già in essere.
Secondo i dati della RFL gli andamenti del mercato del lavoro hanno determinato una crescita del tasso di occupazione di 3,3 punti percentuali rispetto al primo semestre del 2021, al 48,7. L’indicatore rimane tuttavia inferiore rispetto alla media italiana (59,8 per cento), soprattutto per la componente femminile Il tasso di disoccupazione si è ridotto di 3,2 punti percentuali, al 12,0 per cento (8,4 in Italia).
Durante il primo semestre del 2022 sono state presentate in regione circa 57.000 domande di nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI) da parte di lavoratori che hanno perso l’occupazione, un dato in crescita di oltre un quarto rispetto all’anno precedente. L’aumento del numero di domande ha risentito anche del venir meno dei limiti alle cessazioni di posizioni di lavoro alle dipendenze, rimossi a partire dal secondo semestre del 2022.
Settori chiavi dell’economia pugliese in flash
Il vino
Sono 396 le aziende pugliesi che operano nella produzione di vino al 31 dicembre 2022, con una netta prevalenza dei vini da tavola classici sugli spumanti e sui vini liquorosi (solo 15 imprese). Un risultato che, per numero di imprese, colloca la Puglia al primo posto in Italia, davanti a Sicilia (328) e Veneto (223). Il settore dà lavoro a 2.170 persone e presenta anche un indotto considerevole, sia a monte che a valle. A monte della filiera vi sono le attività primarie di coltivazione dell’uva. Il dato -che aggrega però sia uva da tavola che da vino- si attesta su 11.371 aziende (terzo posto in Italia, dopo Veneto e Sicilia) e 25.063 addetti. A valle della catena del valore troviamo invece 883 aziende e 2.053 addetti. E’ un mondo variegato, di cui fanno parte innanzi tutto 79 imprese di “imbottigliamento ed etichettatura”. Poi vi è l’intermediazione business, con 359 imprese attive nel commercio all’ingrosso di alcolici. Infine, il retail specializzato, con 395 attività di commercio al dettaglio di bevande.
Fra le province pugliesi, Foggia è nettamente in testa per radicamento delle aziende vinicole: 144 imprese su 396 totali, pari al 36% del totale regionale. Non stupisce quindi che nella classifica dei comuni con maggior presenza di operatori, le prime cinque posizioni siano occupate nell’ordine da Cerignola, Foggia, San Severo, Orta Nova e Torremaggiore. Seguono le province di Bari (18% delle imprese pugliesi) e Taranto (16%); il resto della torta è diviso più o meno equamente fra le altre province (intorno al 10% cadauna). Ciò testimonia la pervasività pressoché uniforme di questo comparto nel territorio regionale. I comuni pugliesi più vivaci per numero di addetti sono nell’ordine: Cellino San Marco, Cerignola, Leverano, Orta Nova, San Pietro Vernotico, Manduria, Altamura, Taranto, San Severo e Ruvo di Puglia.
La produzione ortofrutticola e trasformazione
L'ortofrutta pugliese anche nel 2022 si è dimostrata un settore in salute e fra i più attivi sui mercati internazionali: ben 648 milioni di euro di export nei primi tre trimestri dell'anno appena concluso, con una crescita tendenziale notevole rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente (134 mln in più). Se questi dati, ancora parziali, fossero confermati nel quarto trimestre 2022 (di prossima pubblicazione da parte di ISTAT) la performance finale dell'annata potrebbe riservare sorprese molto positive. Da una stima ponderata1 si può infatti azzardare l’ipotesi che la Puglia ortofrutticola si diriga inesorabilmente verso il miliardo di euro di export. E’ un traguardo che si avvicina sempre più, anche a guardare la crescita ininterrotta delle serie storiche, nonostante l’intermezzo non banale della pandemia.
La Puglia ha numeri da primato anche per consistenza di aziende agricole dedite alla produzione di ortofrutta e per numero di persone che vi lavorano. Scattando una fotografia al IV trimestre 2022, in regione si contano 19.792 sedi d'impresa con 39.833 addetti, primo posto assoluto fra tutte le regioni d'Italia. La Puglia secondo ISMEA è prima in Italia per aziende ortive in piena area (ortaggi non coltivati in serre), seconda dietro la Sicilia per frutteti, terza per i legumi. In particolare, ha numeri da record su pesche, uva da tavola e agrumi per quanto riguarda la frutta, mentre nelle produzioni ortive è leader per lattughe, fave, carciofi e pomodori da industria. Il numero di imprese pugliesi e anche degli addetti dell'ortofrutta è però in calo rispetto al dato 2016 (quasi 4mila imprese e 5mila dipendenti in meno). Una tendenza pienamente in linea con il dato nazionale (24mila imprese in meno e 28 mila dipendenti in meno rispetto al 2016) e sulla quale pesano la crescente e preoccupante carenza di manodopera e l’incremento della meccanizzazione in diverse operazioni agricole.
La manifattura
La riduzione progressiva delle imprese manifatturiere è una tendenza di lungo periodo anche in Puglia. E’ tuttavia un fenomeno figlio della globalizzazione, non una tendenza congiunturale e complessivamente non ha frenato la crescita di questo comparto. La Puglia resta infatti la regione più industrializzata del Meridione d’Italia. La maggior parte degli insediamenti industriali sono situati nel triangolo Bari – Brindisi – Taranto, dove sorgono industrie per la produzione dell’acciaio e per raffinare il petrolio, nonché l’industria tessile, farmaceutica e della plastica. Ci sono anche diffusi stabilimenti vinicoli, conservieri, del tabacco e dell’olio (industria di trasformazione alimentare in gran parte legata alla filiera primaria locale). Il sistema regionale della ricerca supporta questo sviluppo, contando oltre 5.000 ricercatori e vanta competenze scientifiche specializzate in vari ambiti interdisciplinari: biologia, aerospazio, ICT e nanotecnologie. Importante è stato il suo contributo alla nascita e al consolidamento di vari distretti tecnologici.
La meccatronica
Sono 2246 le imprese che operano nella meccatronica pugliese: il 46% opera nella meccanica, il 19% nella produzione di apparecchiature elettriche, il 18% nell’elettronica, il 6% componentistica auto, e 11% nella produzione di altri mezzi di trasporto. Nel settore operano 18.125 addetti, ma il dato piu rilevante è senz’altro l’eclettismo ossia la presenza di tante specializzazioni dalla componentistica per aziende finali fino ai prodotti finiti tale da farne un laboratorio di competenze in continua crescita. Fra le province, Bari domina il dato delle aziende registrate col 44% , seguita a ruota da Lecce , Taranto, e Foggia; ed è peculiare la vivacità di alcuni comuni, in particolare come Modugno, Monopoli, Altamura, Gravina, Bitonto, Molfetta, Corato, Cerignola, Massafra, San Severo, Putignano, Conversano, Acquaviva, Mola di Bari.
La classe dimensionale, conferma l’abbandono del nanismo da microimpresa classica che viene abbandonato a favore di stabilimenti più strutturati in cui trovano lavoro tra i 10 e 19 addetti. Il settore si dimostra particolarmente vivace a livello di proiezione internazionale, l’automotive ha un peso pari al 61% del totale, la meccanica del 28%, l’elettronica e l’elettrica sfondano di meno.
Collegamenti:
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Excelsior Unioncamere ANPAL | |
Unioncamere | Il sismografo |
Banca d’Italia | http://www.bancaditalia.it L’economia regionale, Puglia 2022 |
ISTAT | |
EUROSTAT |
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Dati non disponibili.
Dati non disponibili.
La popolazione in Calabria è pari a 1.838.164 (dati al 28 febbraio 2023) di abitanti.
Il tema dell’occupazione, in Calabria – ma anche nel Mezzogiorno – è una questione delicata, infatti la regione rimane relegata nelle parti più basse di una classifica che riguarda il tasso di occupazione nella fascia d’età 15-64 anni. Dati ancora più preoccupanti per quanto riguarda l’occupazione femminile. Nel 2022 in Calabria sono 529 mila gli occupati, tra le 5 province calabresi si distinguono Vibo Valentia che supera i livelli occupazionali pre-crisi Covid-19 (+8,0%) e Reggio di Calabria che li raggiunge senza superarli (+0,1%); tutte le altre province restano invece ancora sotto i livelli 2019 performando peggio della media regionale: Catanzaro (-2,6%), Cosenza (-4,0%) e Crotone (-5,1%).
A livello settoriale nel 2022 gli occupati della regione non raggiungono i livelli del 2019 nei Servizi, settore in cui lavorano il 71% degli occupati che si riducono di 19 mila unità (-4,8%), calo determinato principalmente dalla riduzione del numero di occupati nel settore commercio, alberghi e ristoranti (-12,2% > al calo del -1,2% rilevato per il comparto altre attività dei servizi).
Al contrario, rispetto al 2019, le Costruzioni nel 2022 conta 9 mila unità in più (+23,6%) e nel settore del Manifatturiero esteso, conta 3 mila unità in più (+8,8%).
A livello provinciale nel Manifatturiero esteso l’occupazione recupera e supera i livelli 2019 facendo meglio della media regionale a Vibo Valentia (+131,8%), che si posiziona 1^ nel ranking nazionale, a cui segue Crotone (+34,6%), 3^ nel ranking nazionale, e Catanzaro (+10,4%), mentre restano indietro rispetto ai livelli pre crisi Covid-19 Cosenza (-5,9%) e Reggio di Calabria (-15,3%); nei Servizi l’occupazione resta sotto i livelli pre pandemia con riduzioni più marcate della media per Cosenza (-7,1%), Vibo Valentia (-7,5%), Crotone (-8,4%) e Catanzaro (-13,7%), al contrario recupera e supera il numero di occupati 2019 Reggio di Calabria (+8,2%); invece nelle Costruzioni dinamiche migliori della media regionale si osservano per Catanzaro (+79,0%), che occupa la 5^ posizione nella classifica nazionale, e Vibo Valentia (+58,1%).
Le opportunità lavorative che è possibile intercettare in una regione in cui, nel 2022, il tasso di disoccupazione tra i 15-64 anni è al 15 % contro l’8,2% del resto del Paese sono molto scarse; e tra queste già poche occasioni, un numero rilevante di esse risulta riservato ad occupazioni di basso profilo.
Sul versante privato, le offerte di lavoro riguardano pochi soggetti: le 110.000 imprese attive in Calabria occupano 275.000 addetti, pari a 2,5 unità per impresa contro le 4 della media nazionale.
Nuova struttura della sezione Informazioni sul mercato del lavoro - 2020 3/4
In particolare, alcuni settori dell’economia considerati strategici per la struttura economica regionale, presentano le seguenti caratteristiche:
• agricoltura, circa il 99% delle attivazioni sono a tempo determinato, e circa l’88% sono caratterizzate
da un basso livello di competenze;
• il comparto alberghiero e della ristorazione registra circa il 77% delle assunzioni a tempo determinato
e sempre il 77% è caratterizzato da livelli medi di competenza e specializzazione professionale.
Dalla stessa analisi emerge in maniera evidente che:
• circa il 60% delle attivazioni corrisponde a livelli bassi di competenze o low skill(40.617 in totale);
• circa il 41% delle attivazioni totali riguardano il settore dell’agricoltura;
• i contratti a tempo determinato sono prevalenti, con un dato pari a circa il 77% sul totale dei contratti.
Tra i più importanti datori di lavoro si possono evidenziare: a Reggio Calabria, la Hitachi Rail Italy, società per azioni italiana che opera nella produzione e commercializzazione di materiale rotabile. In provincia di Cosenza opera la Ca.dis specializzata nella produzione di contenitori e rotoli di alluminio e proprietaria del marchio Alupack. In provincia di Catanzaro ha sede il grande stabilimento per produzioni grafiche e servizi di logistica del Gruppo Abramo, attivo anche nel comparto dei multi channel customer care. A Crotone è attiva la Metal Carpenteria controllata dalla Industrie Meccaniche Cremonesi. In provincia di Vibo V. ha sede lo stabilimento della storica impresa Callipo, rinomata produttrice di tonno in scatola e in contenitori di vetro, esportato in diversi Paesi. Di rilievo è la presenza anche di altre industrie agroalimentari, fra le quali emergono Mangiatorella (acque minerali), Fattorie Del Sole in prov. di Reggio Calabria, Associazioni Latte calabresi a Castrovillari (CS), Agrumaria Reggina a Reggio Calabria e Caffè Mauro a Reggio Calabria
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L’Eurispes | |
Laboratorio Economico Territoriale Politiche del Lavoro-Regione Calabria |
Le previsioni, per i prossimi mesi del 2023, si concentreranno per il 76% nel settore dei servizi, in particolare I servizi alle persone e I servizi di alloggio e ristorazione; per il 79% si tratta di imprese con meno di 50 dipendenti; nel 23% dei casi le entrate previste saranno stabili, ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre nel 77% saranno a termine (a tempo determinato o altri contratti con durata predefinita). A livello provinciale la spinta alla crescita risulta più spiccata a Vibo Valentia (+75,4%), Reggio Calabria (+55,6%) e Catanzaro (+51,8%).
I profili più richiesti riguardano operai altamente specializzati e conduttori di impianti (28%), professionisti commerciali e dei servizi (36%), come anche dirigenti, specialisti e tecnici. Il profilo che maggiormente non si riesce a reperire è quello attinente – sotto le varie aree aziendali – la progettazione, la ricerca e lo sviluppo, ma anche personale in grado di gestire sistemi informativi.
Di difficile reperimento sono le professioni che si collocano nelle aree tecniche e della progettazione.
Stando alle indicazioni degli imprenditori ben il 56,6 % delle richieste di lavoro in questo segmento produttivo non troverà una corrispondente offerta in Calabria.
Seguono le professioni nel campo della logistica con il 51 % delle opportunità di occupazione, ritenute di difficile reperimento. Difficoltà registrano gli imprenditori a individuare professioni specializzate nella produzione di beni e nell’erogazione di servizi, irrintracciabili per 48,8 %, nell’area amministrativa (44,6%), e figure da inserire nelle aree direttive e dei servizi generali (36,8 %), così come nelle aree commerciali e della vendita (36,2 %).
La Sardegna, regione autonoma a statuto speciale, ha una superficie di 24.100 km² e una densità abitativa di circa 68 abitanti per km². La legge di ripristino che ha interessato il sistema delle autonomie locali della Sardegna (L.R. n.2 del 4 febbraio 2016 e relativa Delibera di Giunta n.23/5 del 20 aprile 2016) ha apportato delle modifiche sostanziali rispetto all'assetto precedente, istituendo la Città Metropolitana di Cagliari e la provincia del Sud Sardegna, ridefinendo i confini della provincia di Sassari e Oristano e abolendo le province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio.
La Città Metropolitana di Cagliari pur con una superficie di 1.249 km² conta la maggiore densità demografica (346 abitanti per km²) seguita da Sassari (64 abitanti per km² con una superficie di 7.692 km²) e dalle province del Sud Sardegna, Oristano e Nuoro. Al 31.12.2022 la popolazione totale risulta essere di 1 575 028 abitanti con un saldo anagrafico negativo.
Negli ultimi anni l'economia è stata caratterizzata dalle dinamiche scaturite dalla pandemia. Per quanto riguarda il mercato del lavoro della Sardegna, dopo una flessione nei mesi di massima diffusione della pandemia, durante il 2021 si è ripreso molto velocemente. Nei primi nove mesi del 2022 la tendenza positiva si è addirittura rafforzata. Infatti, complessivamente, si sono registrate posizioni lavorative in numero superiore rispetto al 2021 (+3,8%). La crisi pandemica (e la successiva ripresa) ha avuto un andamento differenziato in base al tipo di contratto, al settore, all'area geografica, al genere, al livello di istruzione e alla nazionalità. A livello settoriale, nel pieno della pandemia si evidenzia una contrazione particolarmente marcata dei settori Alberghi e ristoranti e Altri servizi mentre, l'Industria mantiene livelli di posizioni lavorative complessivamente non molto dissimili da quelli registrati nel 2019. In netta controtendenza rispetto all'andamento generale, crescono notevolmente le posizioni lavorative nel settore delle Costruzioni.
I primi nove mesi del 2022 segnano un'ulteriore crescita rispetto ai mesi corrispondenti del 2021, con una variazione tendenziale che segna un +1% per l'Industria, +3% per gli Altri servizi, +9% per Alberghi e ristoranti e, addirittura, +14% per le Costruzioni.
Le dinamiche geografiche ricalcano in modo piuttosto fedele quelle settoriali, ad esempio, l'impatto più forte della pandemia si è registrato soprattutto nelle aree a forte vocazione turistica quali ad esempio la provincia di Sassari. D'altra parte, anche la ripresa ha teso a concentrarsi maggiormente nelle aree a forte vocazione turistica: nei primi nove mesi del 2022 l'incremento di assunzioni rispetto al 2021 raggiunge i valori più alti proprio nella provincia di Sassari (+9%).Dal punto di vista delle dinamiche di genere, nel pieno della pandemia (2020) le posizioni lavorative maschili hanno subito una flessione più ridotta rispetto a quelle femminili. Le prime hanno anche teso a recuperare più velocemente delle seconde, un trend che sembra proseguire anche nel 2022. Infatti, nei primi nove mesi del 2022, rispetto ai mesi corrispondenti del 2021, le posizioni lavorative maschili sono cresciute del 7%, mentre quelle femminili solo del 6%.
L'andamento tendenziale delle posizioni lavorative nel 2022 suggerisce una buona crescita di quelle giovanili (+10%). Lo stesso tasso di crescita si registra anche per la classe d'età over 55. Invece, si registra una variazione meno marcata (seppur positiva) per la classe d'età 35-54 anni (+3%). La crisi inflazionistica non sembra essersi ancora riflessa sul mercato del lavoro regionale che, trainato soprattutto dal buon andamento della stagione turistica, ha registrato un andamento positivo anche nei primi nove mesi del 2022. Per quanto riguarda i livelli di istruzione, nel 2020 le riduzioni di posizioni lavorative più marcate rispetto al 2019 si sono verificate tra coloro che possedevano al massimo la licenza elementare. Naturalmente, la crisi non ha risparmiato neppure i livelli di istruzione più elevati; tuttavia, l'impatto è stato inferiore e la ripresa più veloce. Nei primi nove mesi del 2022 la variazione rispetto al periodo corrispondente del 2021 è stata nettamente positiva per tutti i livelli di istruzione, con valori compresi tra il +4% e il +6%. Fa eccezione, in positivo, il livello di istruzione diploma 2-3 anni che ha registrato un +8%.
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
ANDAMENTO DEL MERCATO DEL LAVORO IN SARDEGNA | https://www.aspalsardegna.it/wp-content/uploads/2022/12/ReportMDL3Trim2022-r2.pdf |
ISTAT – Indicatori demografici | |
Rapporto statistico | https://crenos.unica.it/crenosterritorio/pubblicazioni/economia-della-sardegna-29%C2%B0-rapporto |
Sardegna Imprese | https://www.sardegnaimpresa.eu/it/news/lavoro-120-mila-occupati-piu-nel-quarto-trimestre-202 |
Da un punto di vista settoriale, il mercato del lavoro ha seguito un andamento piuttosto variabile. I settori più colpiti dalla crisi, sia in termini assoluti che relativi, sono indubbiamente Alberghi e ristoranti e “Altri servizi”; il settore Industria risulta colpito in modo molto lieve, mentre si segnala una notevole crescita delle Costruzioni nel 2020, nel 2021 e anche nei primi nove mesi del 2022. È ben noto che la stagionalità in Sardegna incida maggiormente sui settori Alberghi e ristoranti e “Altri servizi”. Infatti, gli andamenti delle posizioni lavorative giornaliere in questi settori mostrano picchi più accentuati rispetto agli altri nel periodo estivo. Nel 2022, in questo settore si registrano valori superiori di tutti e 3 gli anni precedenti, segno che la stagione turistica è stata particolarmente positiva. Per il settore Altri servizi per il quale si era registrato un calo particolarmente marcato nel 2020, per il 2022, registra valori particolarmente elevati e superiori a quelli degli anni precedenti. Nel 2021 l'Industria registra valori costantemente più alti sia di quelli del 2019 che di quelli del 2020. Nei primi nove mesi del 2022 i valori sono più alti di quelli del 2021. Per quanto riguarda in modo specifico l'andamento delle posizioni lavorative nell'anno 2022, si nota un incremento generalizzato per tutti i settori. Il settore Industria cresce dell'1% quello degli Altri servizi del 3%, quello degli Alberghi e ristoranti del 9%, quello delle Costruzioni addirittura del 14%. Complessivamente si registra un incremento delle posizioni lavorative nel 2022. È di 120 mila unità il saldo occupati registrato in Italia nel quarto trimestre 2022, +0,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Il dato emerge dall’analisi sul mercato del lavoro pubblicata dall’Istat, secondo cui nel quarto trimestre 2022, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e del 3,1% rispetto al quarto trimestre 2021. Nello stesso periodo il Pil ha registrato una debole flessione (-0,1%) in termini congiunturali, mentre è aumentato dell’1,4% in termini tendenziali.
La tipologia di lavoro è soprattutto quella dipendente. I lavoratori dipendenti si attestano a circa 410.000 unità. Le imprese in Sardegna si attestano soprattutto nell’area dei servizi, tra cui 28.685 aziende nell’attività commerciale (commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli), attività professionali e scientifiche (16.329), attività manifatturiere (7.013), costruzioni (12.751), attività di servizi alloggio e ristorazione (10.983). L’andamento dell’input di lavoro nelle imprese conferma la crescita: aumentano le posizioni dipendenti – del 4,7% -, cresce il monte ore lavorate – del 12,0% – e diminuisce il ricorso alla Cig (-85,3 ore ogni mille lavorate). I settori in cui maggiormente si lavora sono: altri servizi con il 55,1% di occupati, commercio e alberghi con il 23,3%, l’industria con l’8,3%, costruzioni con il 7,3% e l’agricoltura con il 6%. Anche dopo gli eventi del 2020-2021 la struttura occupazionale in Sardegna rimane fortemente dipendente dal macrosettore dei servizi. Quasi 8 occupati sardi su 10 sono infatti impiegati in questi settori – dei quali un terzo solo nel settore del commercio, alberghi e trasporti - contro i 7 su 10 del resto d’Italia. Rispetto alla media nazionale, la Sardegna registra anche una più alta percentuale di occupati nel settore dell’agricoltura (il 6% contro il 4,1%), che rimane stabile come dimensione rispetto agli anni precedenti.
La Sicilia occupa una superficie di 25.832,55 Kmq e, a causa della sua particolare conformazione olografica, presenta una densità di 185,39 abitanti per Kmq. L’isola con i suoi 391 comuni, secondo gli ultimi dati ISTAT all’1/01/2023 conta una popolazione di 4.802.016 abitanti. ( Dati ISTAT elaborati da TUTTITALIA.IT)
Nel 2° trimestre 2022, secondo i dati ISTAT sui principali indicatori del mercato del lavoro, elaborati dal Servizio Statistica e contenuti nella Nota di aggiornamento al DEFR 2023-2025, la Sicilia ha registrato una crescita dell’occupazione del 4,6%, un tasso di disoccupazione del 17,3 %, un tasso di occupazione di soggetti tra i 15 e i 64 anni del 42,9 % e un tasso di attività della stessa categoria di soggetti del 51,8%.Nella stessa Nota si conferma il trend positivo, su base annua, della crescita dei volumi dell’export regionale, dovuta prevalentemente all’impennata del valore dei prodotti dell’industria petrolifera (+106,3%), le cui oscillazioni del prezzo determinano una notevole incidenza sull’andamento complessivo del valore dell’export regionale. Il valore delle merci in uscita dalla Sicilia dei prodotti “non oil” appare in crescita su base annua del 21,0 % . Tale trend positivo si registra anche in quasi tutti i comparti trainanti dell’Isola, quali l’agroalimentare (13,3%), la chimica (35,7%) e l’elettronica (46,2%). Il comparto farmaceutico e quello metallurgico denotano un calo rispettivamente del 19,1 e del 29 per cento. Inoltre, durante la stagione estiva del 2022, con l’allentamento di tutte le misure restrittive di contenimento alla pandemia da coronavirus, sono tornati a crescere i flussi turistici, dando un forte impulso alla ricettività in Sicilia e alle attività connesse, con volumi di traffico che sono ritornati a livelli pre-covid. I dati sui movimenti aeroportuali diffusi da Assaeroporti, riferiti al periodo gennaio-novembre 2022 sono abbastanza eloquenti: il traffico passeggeri nazionale è cresciuto del 112,1% rispetto allo stesso periodo del 2021, con gli aeroporti siciliani che fanno registrare forti incrementi di movimentazione: Palermo che segna un più 62,1% rispetto al 2021 e un più 2,1% rispetto al 2019, Catania +69,7% (-6,8% sul 2019) e Trapani +120,8% (+119,5% sul 2019). Riguardo alle strutture economiche, con il dato del terzo trimestre si confermano le tendenze di un incremento di imprese attive operanti in Sicilia nelle Costruzioni e nei Servizi. Più in dettaglio, il numero di imprese aumenta complessivamente dello 0,9%, per effetto delle variazioni del 3,9% nel settore delle costruzioni e dello 0,9% in quello del Terziario. In quest’ultimo settore si riscontrano dinamiche positive in tuti i comparti ad eccezione del commercio che manifesta una leggera contrazione delle imprese attive (-0,4%). Guerra e rincaro dei prezzi dell’energia sembrano invece frenare l’attività dell’industria che manifesta contrazioni nel numero di imprese operanti nel comparto estrattivo (-2,2%) ed in tutti i comparti più rappresentativi dell’attività manifatturiera che nel complesso registra un -0,1%. In calo anche i dati sul settore agricolo con una consistenza di imprese che si riduce dello 0,4%.
Fonte: NaDEFR 2023-2025. Delibera di Giunta n. 41 dell’11/01/2023
Collegamenti:
Titolo/nome | URL |
Regional Administration | |
Istat - statistica | |
Tutti Italia - statistica | |
Presidenza della Regione Siciliana – Segreteria Generale | https://www2.regione.sicilia.it/deliberegiunta/file/giunta/allegati/N.041_11.01.2023.pdf |
Unioncamere - ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, 2022 | |
EXCELSIOR -1 | |
EXCELSIOR -2 | https://excelsior.unioncamere.net/excelsior-bts/document/bollettino/month/10207 |
EXCELSIOR-3 | https://excelsior.unioncamere.net/excelsior-bts/document/tavola-statistica/trimester/10221 |
Secondo il Report previsivo dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2023-2027), elaborato dal Sistema informativo Excelsior, si prevede per la Sicilia un fabbisogno occupazionale di 251.400 unità. Secondo le stime contenute all’interno del relativo bollettino, le entrate previste nel trimestre maggio – luglio 2023 ammontano a 87.320, così ripartite, all'interno delle tavole statistiche trimestrali : 20.360 nell’Industria ( 8270 Industria manifatturiera e Public utilities e 12.080 Costruzioni); 66.960 nei Servizi (12.470 Commercio, 27260 Servizi Alloggio e ristorazione, Servizi turistici); 16.130 Servizi alle imprese; 10.940 Servizi alle persone. Nel solo mese di maggio i lavoratori previsti in entrata saranno 25.370. Mentre, i principali settori di attività interessati dalle nuove entrate sono: Produzione beni ed erogazione servizio (47%), Commerciali e vendita (20%), Tecniche e progettazione (15%), Logistica (11%), Aree Direzione e servizi generali (4%) e Amministrativa (3%).
Fonte: “Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior 2023”
Nell’ambito delle professioni richieste, nel trimestre maggio - luglio 2023, figurano gli impiegati, professioni commerciali e nei servizi (41,4%), gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine (30%), i Dirigenti, professioni con elevate specializzazione e Tecnici (14,7%) e le Professioni non qualificate (13,8%). Inoltre, con riguardo ai livelli di istruzione maggiormente richiesti, tra i lavoratori previsti in entrata per il gruppo relativo ai Dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici, vi sono quello universitario (65,4%) e quello secondario (3,9%); per il gruppo relativo agli Impiegati, professioni commerciali e nei servizi, invece, i livelli di istruzione più richiesti sono quello secondario, con una percentuale del 52,3% e quello professionale con una percentuale del 20,7%. Infine all’interno delle professioni non qualificate le richieste riguardano il Personale non qualificato nei servizi di pulizia e in altri servizi alle persone, di custodia agli edifici e addetti allo spostamento e alla consegna merci.
Fonte: “Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior 2023”